Ardone, sulle colonne della “Stampa”, è entrata con intelligenza e delicatezza sulla vicenda della professoressa di Rovigo impallinata, sulla scuola oggi e sul mestiere dell’insegnante, rimettendo tutti i punti al posto giusto.
“Tra noi docenti per dire che uno ci sa fare con i ragazzi usiamo quest’espressione: ‘Sa tenere la classe’. Chi sa tenere la classe è come un capitano scaltro che conosce i venti e regola le vele per portare ogni giorno di ogni quadrimestre di ogni anno la nave in porto, possibilmente con tutti i passeggeri a bordo (…)
Il fatto è che però governare la nave diventa sempre più difficile di anno in anno. Forse perché quella barca si sta facendo un po’ troppo affollata: non ci siamo solo noi e loro a condividere lo spazio e il tempo della lezione, ma anche altre presenze immateriali ma non per questo meno invadenti. Ci sono i genitori, ad esempio, che qualche volta si ergono a difensori strenui dei loro figli anche quando sono indifendibili. E poi i telefonini, che come moderne Sirene di Ulisse minano continuamente l’attenzione, confondono la rotta e rendono incerta la navigazione. E infine c’è una certa idea dell’insegnante che è quel povero diavolo pagato pochi spiccioli e che in cambio si gode tre mesi di vacanza e fa un lavoro che in fondo sapremmo fare tutti. Poco più di un bersaglio da tirassegno, messo nel baraccone che è la scuola a destreggiarsi tra le mille emergenze quotidiane per l’intrattenimento dei ragazzi.
E credo che, tra tutti, sia questo il colpo più doloroso. Quello di una professione sempre più misconosciuta, sempre più bersagliata, e non solamente dagli alunni”.
È difficile dirlo meglio di così.
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