HomeNotizieStipendi italiani, secondo l'Ocse sono tornati a crescere

Stipendi italiani, secondo l’Ocse sono tornati a crescere

Secondo i dati dell’Ocse, il 2022 è stato caratterizzato da un’inversione di tendenza per quanto riguarda stipendi e salari, infatti per la prima volta negli ultimi 30 anni si è registrato un aumento dello stipendio medio italiano, 29.694 euro contro i 29.588 del 1991. È stato presente quindi un aumento, ma si ferma allo 0,3%, risultato infinitesimale rispetto agli aumenti di cui hanno goduto gli altri Paesi.

Ad esempio, gli aumenti negli altri Paesi sono stati:
-Francia e Germania +33%;
-Inghilterra +50,5%;
-Stati Uniti +52%;
-Slovacchia +134%;
-Repubblica Ceca +120%;
-Lituania +292%.

Salario medio italiano

Il salario medio che l’Ocse attribuisce all’Italia è molto alto rispetto ai numeri che emergono dalle dichiarazioni dei redditi e dagli open data dell’Inps sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. La spiegazione si trova nel metodo di calcolo, che stima la media per un dipendente a tempo pieno che lavori tutto l’anno, partendo dal valore aggregato dei salari pagati in un anno nel Paese.

Negli ultimi trent’anni, i valori sono stati altalenanti ma tendenzialmente statici. Il valore massimo (31.080 euro) è stato raggiunto nel 2010, prima che gli effetti della crisi dei mutui subprime ricadessero sulle economie europee. Il picco negativo (28.559 euro) è avvenuto nel 2020, caratterizzato dai lockdown. Lo scorso anno è avvenuta una forte ripresa, sufficiente per invertire la tendenza negativa registrata tra il 1990 e 2020 ma notevolmente insufficiente per chiudere il divario con il resto dell’Eurozona.

Per far fronte a questo divario, i partiti in campagna elettorale propongono dei programmi con relative soluzioni. Il centrodestra, nel suo programma, si limita a prospettare un “taglio del cuneo fiscale in favore di imprese e lavoratori” e la “tutela del potere d’acquisto di famiglie, lavoratori e pensionati”, ma senza specificarne le metodologie. Il Pd invece, discute di un salario minimo, ma non si riferisce ad uno stipendio legale minimo uguale per tutti (presente in 21 Paesi Ue su 27), bensì il livello stabilito varierebbe per ogni settore, a seconda del contratto collettivo più rappresentativo.

La proposta del Movimento 5 Stelle è la cifra-simbolo di “9 euro lordi orari”, a cui nelle ultime settimane si è allineato il leader di Azione Carlo Calenda. Essi hanno inserito nel programma anche la proposta di garantire una mensilità in più ai dipendenti, attraverso una decontribuzione ad hoc. Su Repubblica gli economisti Tito Boeri e Roberto Perotti, però, hanno spiegato che questa idea è irrealistica, sostenendo che ci siano modi migliori per sostenere le retribuzioni, senza gravare sulle casse dello Stato. Per esempio, facendo sì che a pagare di più siano i datori di lavoro, attraverso l’introduzione di un minimo salariale legale e mettendo in opera una legge che velocizzi il rinnovo di contratti scaduti da anni. Al momento però, nessun partito prospetta queste metodologie per far fronte al divario con gli altri Paesi.

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