Gli insegnanti nel 1988 furono capaci di lotte che portarono ad aumenti salariali sostanziosi, ma quei docenti che erano nelle scuole a fine anni Ottanta, cresciuti nel Sessantotto/ Settanta, ora sono andati tutti in pensione o all’altro mondo, gente cresciuta nelle assemblee studentesche, i viventi ora si disinteressano completamente di scuola e fanno i nonni, salvo chi ancora da una vita e a vita ricopre cariche di vertice nei sindacati di base, nati proprio in quell’anno, ridotti ora a una pura e a volte patetica testimonianza.
La didattica ai tempi di internet e dei social network, di Maria Cristina Sirchia
Gli insegnanti sono antropologicamente cambiati. Hanno una mentalità impiegatizia ed esecutiva, una volta raggiunto il posto fisso, si siedono, non hanno una visione generale dei problemi, una consapevolezza di categoria e sono tutti curvati solo sul loro particolare.
I problemi iniziano e finiscono con il loro personale problema, l’immissione in ruolo, il trasferimento, il passaggio di cattedra, l’assegnazione provvisoria, l’assegnazione della classe, il pensionamento, tanto che oggi i sindacati, vista la domanda, si sono trasformati in centri erogatori di servizi.
Gli insegnanti non sono più disposti alla lotta per un obiettivo comune, non hanno alcuna consapevolezza di essere una categoria.
Sono stati narcotizzati, non a caso ho usato ieri in un mio articolo questa parola forte.
La lotta degli insegnanti dovrebbe essere nei sindacati, oltre i sindacati e anche, se questi sono resistenti, contro i sindacati.
Non a caso nel tempo abbiamo assistito alla base dei docenti che ha scavalcato i vertici, accadde nel 1988 è accaduto nel 2015 contro la legge 107 proposta dal PD di Renzi.
Ma oggi è tutto spento. Calma piatta. Gli insegnanti sono rassegnati in partenza, hanno già perso, si percepiscono dei vinti.
La generazione degli insegnanti che sceglieva la lotta come strumento di cambiamento non esiste più.
Libero Tassella SBC
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