Nessuna illusione. Cinque miliardi indicati per il rinnovo di tutti contratti pubblici nella legge di stabilità per il 2024 (con questo governo che precisa la priorità per le forze dell’ordine e i dipendenti della Sanità), dopo lo ZERO in quella per il 2023 e che forse arriveranno con tre anni di ritardo, non bastano e non saranno spesi subito se si ripete la farsa del contratto 2019/2021.
Quel contratto, in vigore solo per la parte economica e liquidato a dicembre 2022, ha una sua storia triste che bisogna ricordare anche se riguarda i governi precedenti.
Già nel 2021 erano disponibili circa tre miliardi per il comparto scuola e il risultato è stato il congelamento di quella cifra fino a dicembre 2022 dopo il tira e molla stupido e strumentale da una parte e dall’altra (governo e sindacati) di almeno due anni e nulla di fatto.
Fino a dicembre 2022 gli stipendi sono rimasti quelli del 2019/2021. In quei due anni di immobilismo (governi Conte2 e Draghi) si è verificato il record dell’inflazione che continua anche oggi.
Stupida la richiesta iniziale dell’aumento a tre cifre (100 euro lordi?) mentre il Ministero dell’Economia si teneva i soldi in cassa.
Succederà lo stesso? Tutto fa pensare di sì, mentre i dipendenti della scuola continuano a dimostrare l’assoluta incapacità di protesta, non manifestano e non scioperano da più di otto anni.
Non ci vuole la laurea in matematica per fare due conti, sono cinque miliardi per tre milioni e mezzo di pubblici dipendenti e, come sempre negli ultimi decenni, arrivano spalmati, cioè, con l’ultimo esempio concreto del contratto 2019/2021, un tantino per il 2019, qualcosina in più per il 2020 e infine a regime la cifra stabilizzata per l’ultimo periodo 2021 e coda del 2022.
Oggi siamo alla cifra mediatica di poco più di 120 euro di aumento di stipendio ma nessuno specifica che si tratta di cifra al lordo e cifra media.
Nella realtà l’aumento reale per la più grande platea degli interessati (quelli dei diversi ordini di scuola e quelli appena assunti o al massimo della carriera, docenti e ata) è stato intorno a 50 euro netti mensili.
Ancora e parliamo di docenti, quelli degli stipendi europei e dell’equiparazione con gli altri dipendenti della pubblica amministrazione con uguale titolo di accesso che è la laurea. Lasciamo perdere che nel solo caso dei docenti non basta più la laurea e che il 90% di loro ha dovuto superare anni di precariato e percorsi a ostacoli per arrivare al ruolo (i Ministri Bianchi e Valditara che non ha cambiato nulla hanno aggiunto CFU da 24 a 30, a 36, a 60. Sono crediti universitari onerosi oltre la laurea inventati per propaganda e per non assumere, ritardare il bisogno della scuola per le cattedre che ci sono ma affidate a più di 200.000 precari usa e getta.
Restiamo al contratto da rinnovare, il governo in carica da ZERO 2023 passa a cinque miliardi virtuali per il 2024, cioè i soliti 120 euro lordi e medi da dividere per tutti i contratti della pubblica amministrazione. Dov’è la differenza e la similitudine con i contratti 2019/2021?
Ma è sotto gli occhi di tutti, l’inflazione, cioè il costo della vita, la spesa alimentare, la benzina, i mutui, le bollette, gli affitti…
Ebbene e per farla breve, cosa pensano governo e sindacati oggi dei contratti bloccati 2022/2024? Cosa pensano di fare realmente e senza trucchi.
Ma soprattutto, dove sono e cosa sono disposti a fare i diretti interessati, cioè quelli che si sono visti uno stipendio più povero nel reale potere d’acquisto?
Pensano questi ultimi che qualcuno regalerà qualcosa se non si muovono. Purtroppo in Italia e per docenti e ata in particolare, bisogna pensare che sì, non succederà niente e si subisce la qualunque da qualunque governo mentre i sindacati, prima di ogni cosa, dovrebbero fare corsi di formazione alla cittadinanza e ai diritti di chi lavora intanto ai propri iscritti.
La politica? Si vota e basta, nessuno degli elettori di quel partito o movimento chiede coerenza dopo il voto a chi ha votato, il Parlamento non capisce al 90% nulla di scuola, il 40% degli italiani non vota.
Non impariamo dalla Fiat, Fca o Stellantis e dalla fondazione Agnelli/Elkann che interviene pesantemente sulla scuola italiana mentre per un’auto nuova ci vogliono 30.000 euro ma non c’è da preoccuparsi, una piccola rata mensile per tre anni, la maxirata e nuovo prestito dalla finanziaria. Bonus pubblici interamente assorbiti dagli aumenti di listino e anticipo. Tutto al 10% di interessi mentre per gli stipendi chi se ne importa, diamo anche ai dipendenti pubblici e privati il 3/4% reale e numerico di aumento senza considerare l’inflazione e saranno felici.
La spesa pubblica non considera da tempo di finanziare i due pilastri della Costituzione, la scuola e la sanità, mentre c’è chi sa difendere i propri interessi, per esempio gli impreditori, anzi prenditori e finanzieri italiani che vogliono e ottengono sempre la fetta più grande della torta.
A quando il prossimo serio e partecipato sciopero della scuola? Partecipato perché con il 17,5% di partecipazione, il massimo degli ultimi otto anni, non si va da nessuna parte.
Libero Tassella SBC
Salvatore Salerno Scuola & Politica
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