I sindacati sono costretti a sottostare a quelle che sono le regole dettate dalle varie riforme. Prima dell’ìavvento delle politiche “liberiste” introdotte dall’ex ministro Brunetta che ha cassato la derogabilità delle norme di legge grazie appunto alla contrattazione collettiva (decreto legislativo 29/93). Tale decreto consentiva appunto di derogare appunto alla norma sostituendola appunto con l’accordo fra i rappresentanti dei lavoratori e l’Amministrazione.
Il rinnovo del contratto lascia poco margine di trattativa
Nel 2009 la prima picconata arriva con la legge Brunetta (legge 15/2009 e decreto legislativo 150/2009) che stravolse il senso della legge 29/93 introducento il principio opposto, ovvero la derogabilità alla norma era concessa solo se prevista dalla legge, dunque il contratto da li in avanti doveva rientrare nel quadro normativo ed era derogabile solo in alcuni casi.
Con l’attuale governo, in particolare con la riforma Madia, il potere di contrattazione crolla definitivamente: in parole povere se in sede di contrattazione si trova un accordo e tale accordo in qualche maniera non è in linea con il quadro normativo di riferimento, tale accordo è nullo. Come si evince il margine di trattativa si è ridotto all’osso, tant’è che la parte economica è stata già concordata a novembre e che potrebbe variare per esigenze di bilancio, non a caso è notizia di queste ultime ore che dalle 85 Euro concordate si potrebbe scendere a 80 riducendo ancora la misera mancetta frutto dell’accrdo con i sindacati.