Rinnovo dei contratti agli statali – Nella Manovra di Bilancio appena approvata, il Governo ha deciso di non incrementare significativamente le risorse destinate agli aumenti salariali per i dipendenti pubblici. Questo significa che gli stipendi dei lavoratori statali non subiranno rialzi in linea con l’inflazione, attualmente oltre il 17%, ma cresceranno di appena il 6% nel triennio 2022-2024.
Una scelta politica che ha lasciato delusi e preoccupati i sindacati, i quali denunciano come questo mancato adeguamento retributivo si tradurrà in un pesante taglio al potere di acquisto dei lavoratori del settore pubblico. Basti pensare che i contratti collettivi di comparto appena rinnovati, come quello delle Funzioni Centrali, prevedono aumenti medi di soli 160 euro per il triennio, con una consistente perdita sugli arretrati che in alcuni casi arriva fino a 700 euro.
La presa di posizione del Governo trova una sua conferma anche nell’ambito del rinnovo del CCNL della Scuola, dove il mancato incremento salariale è stato stimato intorno al 10%. Una prospettiva che ha spinto il sindacato Flc-Cgil a indire uno sciopero lo scorso 29 novembre, che tuttavia non ha visto una grande partecipazione (solo il 5,65% del personale).
Nonostante le proteste dei sindacati, il Ministro Valditara ha esultato per la “bassa adesione” allo sciopero, rivendicando la volontà di andare avanti con le riforme e la valorizzazione del personale scolastico. Ma per i lavoratori pubblici la realtà rimane amara: gli aumenti di stipendio saranno ben al di sotto dell’inflazione, erodendo il loro potere di acquisto.
Questa strategia del Governo, fondata sul contenimento della spesa pubblica, rischia di alimentare un crescente malcontento tra i dipendenti statali, che si sentono sempre più penalizzati rispetto ai loro colleghi del settore privato, i quali hanno ottenuto aumenti salariali più consistenti.
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