Negli ultimi anni sono emersi diversi casi di conflitti tra dirigenti scolastici e insegnanti in merito alla gestione dei poteri disciplinari.
Ma quali sono i reali limiti del potere del preside?
Cerchiamo di fare chiarezza su questo argomento di interesse per la comunità scolastica.
Il potere disciplinare del dirigente scolastico sui docenti è regolato dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro e dal Testo Unico sulla Scuola. In generale, il preside può irrogare sanzioni proporzionate in caso di violazione dei doveri professionali da parte degli insegnanti. Tuttavia, la normativa prevede dei precisi paletti a tale potere.
Il Testo Unico sull’Istruzione elenca le diverse sanzioni applicabili a seconda della gravità dell’infrazione, dalla censura alla destituzione dall’insegnamento. Tuttavia, come chiarito dalla giurisprudenza, al dirigente scolastico sono precluse le sospensioni, irrogabili solo dall’Ufficio Procedimenti Disciplinari.
Il preside può quindi emettere solo la censura scritta o l’avvertimento verbale in caso di violazioni lievi. Per provvedimenti più gravi che comportino la sospensione dei professori deve inevitabilmente coinvolgere l’Ufficio territoriale competente. Questo per garantire l’imparzialità del giudizio disciplinare, evitando commistioni con la normale gestione della scuola da parte del dirigente.
In sintesi, pur avendo il compito di vigilare sul corretto svolgimento delle attività scolastiche, il potere punitivo del preside trova dei margini ben delineati dalla legge, a tutela dell’equilibrio tra le parti. Un equilibrio indispensabile per il sereno svolgimento delle funzioni di insegnamento.
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