Pensioni INPS – È l’allarme lanciato dal rapporto 2024 del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato sulle tendenze del sistema previdenziale ed assistenziale italiano aggiornate al 2024.
L’analisi prende in esame il c.d. “tasso di sostituzione”, ovvero il rapporto tra l’importo della prima pensione e l’ultimo reddito/retribuzione percepiti prima del pensionamento. I dati emergono chiari: tra il 2010 e il 2070, l’età pensionabile salirà di oltre 2 anni arrivando a 70 anni e 2 mesi, con un assegno pensionistico ridotto del 25% rispetto all’ultimo stipendio/fatturato.
Pensione più leggera e ritardata
Prendiamo ad esempio un commerciante: se nel 2010 andava in pensione a 65 anni e 7 mesi con una pensione pari al 72,1% dell’ultimo reddito, nel 2070 la pensione sarà percepita a 70 anni e 2 mesi, ma l’importo sarà sceso drasticamente al 47%. Stesso discorso per un dipendente privato: se nel 2010 andava in quiescenza a 65 anni e 5 mesi con una pensione al 73,6% dell’ultimo stipendio, nel 2070 lavorerà fino a 67 anni e 5 mesi, percependo “solo” il 58,8% dell’ultimo stipendio.
Le variabili discriminanti
A incidere sul calo del tasso di sostituzione concorrono diverse variabili: per il sistema retributivo carriera e anzianità contributiva, per quello contributivo anche età pensionabile (legata alla speranza di vita) e coefficienti di trasformazione dei contributi in assegno.
Verso altri 20 anni di lacrime e sangue?
Il rapporto evidenzia come la spesa pensionistica in rapporto al PIL aumenterà fino al 2040 per poi calare, ma resta il problema dell’inadeguatezza crescente degli assegni, con pensionati che percepiranno importi sempre meno congrui rispetto agli stipendi percepiti in attività, nonostante lavorino di più. Altri 20 anni di riforme lacrime e sangue potrebbero essere necessari per ristabilire equilibrio del sistema e adeguatezza degli assegni futuri.
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