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Pensione posticipata a 70 anni e assegni più bassi, Cgil: le nuove “bugie” del governo smascherate dai fatti

Nonostante le promesse di superare la legge Monti-Fornero, il governo ha peggiorato la situazione per lavoratori, giovani e donne

Nonostante gli slogan di superamento della legge Monti-Fornero e la promessa di 41 anni di contributi per accedere al pensionamento, il governo, attraverso le ultime leggi di Bilancio, è riuscito nell’impresa di peggiorare ulteriormente quella legge tanto criticata. Ora l’obiettivo sembra essere quello di posticipare il pensionamento addirittura a 70 anni.

Nessuna risposta concreta è stata data per le categorie più svantaggiate, come i giovani, le donne e coloro che svolgono lavori gravosi e usuranti. Al contrario, il governo ha azzerato la flessibilità in uscita, con una riduzione del 15,7% delle pensioni anticipate previste per il 2024 rispetto al 2023. Inoltre, l’opzione Donna è stata praticamente cancellata, con un calo del 70,92% delle domande attese per il 2024 rispetto al 2023.

Anche Quota 103 (62 anni + 41 di contributi) è stata prorogata, ma con un importante ricalcolo contributivo che si traduce in un taglio dell’assegno pensionistico. L’Ape sociale, invece, è stata prorogata con l’innalzamento dell’età di accesso da 63 a 63 anni e 5 mesi.

Inoltre, dal 2030 per i lavoratori nel sistema contributivo la soglia per accedere al pensionamento anticipato a 64 anni verrà innalzata a 3,2 volte l’assegno sociale, passando da 1.313 euro a 1.720 euro. Questo significa che i giovani dovranno attendere ancora più a lungo prima di poter accedere alla pensione.

Ma non è finita qui: dal 1° gennaio 2025 le pensioni saranno ancora più povere a causa dell’abbassamento dei coefficienti di trasformazione. E nel 2027 e 2029 l’età pensionabile aumenterà ulteriormente di 3 e 2 mesi rispettivamente.

Insomma, il governo sembra aver tradito le promesse fatte ai cittadini, peggiorando ulteriormente la situazione previdenziale. L’Italia rischia così di rimanere l’unico Paese in Europa dove i lavoratori subiscono un doppio svantaggio: età pensionabile sempre più alta e assegni sempre più bassi.

L’unica speranza sembra essere quella di fermare questa deriva attraverso il voto ai referendum della CGIL, per stabilizzare il lavoro, combattere la precarietà e costruire un futuro di diritti e sicurezza per tutti.

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