L’intesa di massima per il PAS 2019 è stata raggiunta il 3 giugno. Sindacati e MIUR hanno definito il significato dei 36 mesi di servizio richiesti che non andrebbero intesi in senso stretto, ma come annualità di servizio.
Se i precari si erano illusi circa l’assunzione immediata, dopo aver superato il pAS, così come è stato promesso in campagna elettorale dovranno (purtroppo per loro) ricredersi. Si procederà comunque prima con lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi già effettuati nel 2016 e nel 2018 e delle graduatorie a esaurimento, GAE.
Proprio in questi giorni a far sentire con fermezza la loro voce sono stati proprio i precari storici mettendo davanti alla cruda realtà anche chi in questi mesi ha distribuito promesse più o meno “irrealizzabili”, almeno nelle modalità descritte.
Finita dunque la campagna elettorale si dovrà fare i conti con la dura realtà e la dura realtà parla di circa 50 mila precari storici in attesa di stabilizzazioni, molti sono ancora iscritti alle GAE altri hanno vinto il concorso.
A questo punto è lecito chiedersi ma vale davvero la pena fare un PAS costoso ed impegnativo? Non sarebbe meglio un concorso ordinario con il riconoscimento del servizio prestato?
Per i precari di terza fascia ovviamente no, perchè sperano nel PAS la via più sicura per giungere al ruolo.
PAS 2019 e prove preselettive in ingresso
Il PAS 2019 prevederebbe (condizionale d’obbligo) inoltre un test di ingresso o preselettivo ma non è ancora del tutto chiaro chiaro perchè probabilmente si baserà solo sul superamento dei vari esami che a quanto pare dovranno essere particolarmente selettivi. Insomma esami universitari a tutti gli effetti.
Tuttavia occorre precisare che i PAS 2019 dovranno superare la prova parlamentare poiché dovranno essere varati tramite un provvedimento legislativo e come è noto non tutti in Parlamento sono d’accordo con questa formula. Non solo, si dovrà anche evitare la fase dei contenziosi che potrebbe sorgere subito dopo la loro approvazione e che potrebbe paralizzare tutto.
Una bella gatta da pelare, insomma. La domanda – in conlusione – resta la stessa che ci facciamo da mesi: non sarebbe meglio un bel concorso ordinario?