Ministero del merito un anno dopo? Tra autonomia e tagli il governo abbandona la scuola. Intervista a Irene Manzi di Libero Tassella

Introduzione

Intervistiamo l’On. Irene Manzi, membro della VII Commissione Istruzione Scienza e Cultura della Camera nella diciannovesima Legislatura, già deputata nella precedente Legislatura, responsabile scuola del PD. Un’ intervista a tutto campo sulle politiche
relative alla scuola del governo Meloni a più di un anno dal suo insediamento, sulle problematiche relative alla dispersione e agli abbandoni, si passa poi ad un giudizio e a un bilancio sulla “Buona Scuola” a 8 anni dalla sua entrata in vigore, si parla dello sciopero dello scorso 17 novembre di Flc Cgil e Uil Scuola e infine della Legge di Bilancio 2024 per quanto riguarda il settore dell’ istruzione.

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Intervista

On. Manzi qual è la sua valutazione complessiva di questo primo anno di governo Meloni per quanta riguarda la scuola?

Un bilancio negativo: siamo partiti con il dimensionamento scolastico che taglia circa 800 autonomie scolastiche con la scusa della denatalità, quando un piano davvero finalizzato al rilancio della scuola dovrebbe invertire questo processo e utilizzare il calo demografico per ridurre in modo significativo il numero di alunni per classe e investire sulla didattica.
Invece il governo Meloni fa l’esatto contrario, aumentando le disuguaglianze. Eppure conosciamo tutti l’elenco dei divari nella filiera dell’istruzione, dagli asili nido, alla scuola, all’università, descritti dallo Svimez nell’ultimo rapporto. Sono dati che imporrebbero interventi per ridurre distanze e differenze mentre il governo, con l’autonomia differenziata “spacca Italia”, non farà che allargarli, creando nei fatti cittadini che godono di maggiori diritti rispetto ad altri. Parliamo di palestre scolastiche che al Sud sono ancora un miraggio, di efficientamento energetico e sicurezza degli edifici, di tempo scuola, di asili nido, di mense realmente garantite a tutti. Si tratta di un divario grave che non farà che rafforzarsi se andasse in porto un progetto che ha tutte le sembianze di una secessione. Come fa il governo a non capire che su scuola e università si gioca il futuro del Paese e l’istruzione rientra tra i diritti costituzionali fondamentali. La creazione di sistemi regionali con risorse e regole differenziate penalizzerà le realtà che già hanno di meno, al nord come al sud. Questo significa che gli studenti capaci e meritevoli privi di mezzi delle regioni più fragili saranno intrappolati in scuole di serie B. Infine, con questa legge di bilancio si disinveste completamente sull’istruzione. Le uniche risorse previste per i rinnovi contrattuali, che pure sono presenti, rischiano di non essere sufficienti a coprire l’inflazione di questi anni. Lo stesso docente tutor – al centro dell’azione del ministero Valditara- non solo non viene esteso ma viene rifinanziato con meno di un terzo delle risorse stanziate nella scorsa legge di bilancio, costringendo così ad attingere ad altre risorse del ministero. Ad oggi la verità è che sulla scuola da questo governo sono arrivate spesso solo misure spot.

Focalizziamoci sul tema della dispersione scolastica diretta e indiretta nonché degli abbandoni. Le sembra efficace la strategia adottata fino a questo momento dal ministro Valditara? Il PD cosa propone in alternativa?

Al momento mi pare che quella del governo sia una strategia parziale perché concentrata solo su Agenda Sud. Ancora una volta gli interventi di contrasto alla dispersione sono affidati a finanziamenti straordinari e non strutturali nel tempo. Non si tratta per nessuna delle misure previste di capitoli della spesa ordinaria dello stato, ma della rimodulazione di finanziamenti PNRR o PON, fondi europei, già assegnati al ministero, non risorse nuove ed aggiuntive.
La lotta alla dispersione scolastica richiederebbe per prima cosa l’ascolto reale delle realtà che si occupano ogni giorno di contrasto all’abbandono, alle povertà educative e alla dispersione, per tenere conto nella definizione di una strategia di quanto realmente è già in campo, anche nella scuola. Un fenomeno complesso e di sistema. Esiste un collegamento tra povertà materiale ed educativa che si può contrastare solo aggredendo alcuni deficit strutturali del sistema scolastico a livello nazionale e locale in termini di spazio, servizi e tempi educativi, come tempo pieno e mensa, palestre, agibilità delle scuole, presenza capillare di asili nido. Esiste una correlazione positiva tra la qualità dell’offerta in termini di strutture e tempo scuola e il livello di apprendimento conseguito dagli studenti. Non possiamo non tenerne conto. Quindi maggiori interventi strutturali, più insegnanti, presìdi territoriali e il rafforzamento della comunità educante con la costruzione di reti territoriali tra scuole, terzo settore, parrocchie, enti locali, fondazioni e il supporto di educatori, pedagogisti e assistenti sociali. Non esistono soluzioni facili per problemi complessi. Ma questo governo fa finta di non saperlo.

On Manzi, la cosiddetta “Buona Scuola” di Renz,i allora segretario del PD e presidente del Consiglio, ha non solo determinato un grande potere del DS nelle scuole ma ha anche alienato il tradizionale consenso degli insegnanti nei confronti del suo partito. Come giudica quella riforma dopo 8 anni dalla sua applicazione?

Luci e ombre.

Alla luce di quello a cui assistiamo oggi, il lavoro fatto con la legge 107 andrebbe a mio avviso rivalutato. Quella fu una stagione che, al netto di errori, ha investito 5 miliardi sulla scuola e 10 in edilizia scolastica. Abbiamo certamente sbagliato a non aprire un confronto con i docenti ma penso che sia necessario un giudizio più articolato. Quel progetto -segnalo- non è mai andato in porto e oggi i presidi hanno enormi responsabilità che esercitano in condizioni di sempre maggiore complessità e con stipendi non in linea con quelli degli altri dirigenti amministrativi. Ma con la legge 107 per la prima volta dopo molti anni un governo ha detto di credere nella scuola e lo ha dimostrato con gli investimenti. Quella legge aveva messo in campo un’idea di formazione iniziale e reclutamento dei docenti strutturato e a carico dello Stato e non degli aspiranti docenti che la destra- appena andata al governo ha eliminato; ha creato un servizio integrato da zero a sei anni; il piano di riqualificazione e ammodernamento degli edifici scolastici; il piano nazionale scuola digitale; l’organico di potenziamento. Ma, soprattutto, con la buona scuola abbiamo affrontato la sfida, difficile ma decisiva e centrale, dell’attuazione e della valorizzazione dell’autonomia scolastica, intesa come capacità della comunità educante di rispondere del conseguimento della funzione istruzione agli studenti e al contesto sociale di riferimento. Penso, in primo luogo, al triennale dell’offerta formativa e le forme di flessibilità dell’autonomia didattica e organizzativa permesse dal regolamento sull’autonomia. Non bisogna avere paura di cambiare la scuola. L’insegnamento che provo a trarre da quel periodo è che ogni cambiamento va fatto insieme alla scuola, non in opposizione.

Il 17 novembre Flc Cgil e Uil Scuola Rua hanno indetto uno sciopero contro la legge di bilancio per i salari e le pensioni, contro il dimensionamento della rete scolastica, l’autonomia differenziata e la soluzione strutturale del problema del precariato a cui purtroppo i docenti non hanno partecipato, venerdì scorso ha aderito solo il 6,2%. Il centrodestra ha considerato questo una condivisione delle politiche governative sulla scuola. Qual è la posizione del PD su questi temi? Perché non siete stati in piazza con i sindacati?

Il Pd è sceso in piazza con le rappresentanze sindacali (Flc Cgil e Uil scuola) e gli studenti (Rete della conoscenza-Uds, Rete degli studenti medi) che hanno giustamente protestato contro una legge di bilancio in cui sono previsti molti tagli all’istruzione con una pesante spending review e nessun investimento significativo. Sfido chiunque a dire il contrario. Valditara spieghi dove sono le risorse che aveva promesso sarebbero state stanziate per prevedere misure contro il caro libri, per ridurre i costi del trasporto scolastico, per la gratuità delle mense e dei nidi e per il sostegno della della comunità educante. Come ho detto ci sono fatti per ora: un fatto che le risorse in legge di bilancio non siano adeguate; un fatto che si stia procedendo a un pesante dimensionamento della rete scolastica; un fatto che con il progetto “spacca Italia” si voglia regionalizzare la scuola; un fatto che non si intervenga con una visione ampia ma solo per singoli passaggi. Su molti di questi elementi ci siamo confrontati con associazioni e parti sociali nella direzione di un reale e positivo coinvolgimento per dare, attraverso i nostri emendamenti, una prospettiva a questa legge di bilancio. Vediamo cosa farà il governo.

La linea di disinvestimento nella scuola iniziata tempo fa putroppo continua. Anche il MIM deve stringere la cinghia come altri ministeri e in prospettiva ci saranno altri tagli per sanare il debito pubblico. Come giudicate i tagli al dicastero di viale Trastevere?

Ripeto al di là delle dichiarazioni del Ministro Valditara, in questa legge di bilancio per l’istruzione sono previsti molti tagli con una pesante spending review e nessun investimento significativo. Nei prossimi tre anni è previsto un taglio progressivo al budget del Ministero: un vero e proprio disinvestimento. Non sono stati recuperati in alcun modo i quasi 500 milioni di euro tagliati con l’ultima legge di bilancio. La mancanza di risorse mortifica un settore che avrebbe bisogno di ben altri investimenti. Ai tagli per il triennio 2023-2025 richiesti per finanziare questa manovra senza prospettiva, si sommano altri 100 milioni spalmati nel triennio 2024-2026.
Faccio qualche esempio: 35 milioni in meno nel triennio per il fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e istruzione; 11,5 milioni in meno nel triennio per il fondo buona scuola per il miglioramento e la valorizzazione dell’istruzione scolastica; 4 milioni in meno nel biennio al fondo unico per il welfare dello studente e per il diritto allo studio; quasi un milione in meno destinato alle politiche contro la dispersione scolastica e il disagio giovanile; più di 4 milioni in meno sempre fino al 2025 per il sostegno alle famiglie per il diritto allo studio; 1,7 milioni tagliati all’istruzione terziaria non universitaria e alla formazione professionale. Ma si potrebbero citare tante altre voci che hanno subito un taglio. A ciò si aggiunge la sforbiciata alle pensioni di molti lavoratori, tra cui proprio gli insegnanti, che dal 1 gennaio 2024 si vedranno liquidare trattamenti calcolati con aliquote più basse con una perdita di pensione netta annuale tra il 5% e il 25% ; misura che dovrebbe imbarazzare chi ha fatto della cancellazione della legge Fornero un cavallo di battaglia elettorale. Anche le risorse previste per i rinnovi contrattuali, che pure sono presenti, rischiano di non essere sufficienti a coprire l’inflazione di questi anni.
Avremmo voluto trovare conferma degli impegni presi dal ministero pochi mesi fa per il diritto allo studio contro il carovita. Non troviamo purtroppo nessuna misura in tal senso. Ci batteremo con i nostri emendamenti al Senato per questa misura, come per le risorse a favore della gratuità dei nidi, a sostegno della comunità educante.
La verità, al di là degli annunci fatti a mezzo stampa, è che questa legge di bilancio disinveste sulla scuola, mortifica un settore chiave nella vita del Paese. Si continua purtroppo a fare cassa sulla scuola

Episodi di violenza nelle scuole, un fenomeno in aumento. Le sembrano sufficienti le iniziative messe in campo da Valditara? Cosa proponete in alternativa?

Noi siamo a fianco del corpo docente e siamo preoccupati per la violenza che si sta diffondendo nelle scuole anche tra ragazzi, ma crediamo che non si risolvano i problemi esclusivamente in una logica securitaria, intervenendo soltanto sul codice penale. Questo governo è grande fautore del panpenalismo: in assenza di idee si introducono nuovi reati. Nessuno sottovaluta quanto sta accadendo ma l’obbiettivo dovrebbe essere evitare che questo tipo di fenomeni si verifichino, non solo sanzionarli. Adottando una serie di strategie che garantiscano la centralità e l’autorevolezza della scuola. Occorrono invece investimenti e azioni strutturali: implementazione del tempo scuola, riduzione degli alunni per classe, prevenzione del disagio mediante supporto psicologico e misure contro la dispersione scolastica, stipendi adeguati per il personale della scuola e investimento sulla formazione dei docenti. Tutto il resto è propaganda.

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