Roma, 10 dicembre – Le forze di opposizione parlamentare – Movimento 5 Stelle (M5S), Partito Democratico (PD) e Alleanza Verdi e Sinistra (AVS) – alzano la voce contro i tagli previsti dal Governo alla Legge di Bilancio per il settore dell’ Università e della Ricerca. In una nota congiunta, i deputati Antonio Caso (M5S), Irene Manzi (PD) ed Elisabetta Piccolotti (AVS) esprimono preoccupazione per le conseguenze di queste scelte politiche e annunciano la presentazione di emendamenti congiunti per proteggere due pilastri fondamentali del futuro del Paese.
“Il Governo sta portando avanti un gravissimo attacco contro due settori fondamentali per il futuro del nostro Paese: l’Università e la Ricerca,” denunciano i rappresentanti delle opposizioni. Il riferimento principale è al drastico taglio del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) per gli Atenei, una mossa che, secondo i parlamentari, metterà in pericolo la qualità e la sostenibilità del sistema universitario nazionale. Particolarmente criticata e la punzonatura verso le università telematiche, percepita come una minaccia per il tradizionale sistema accademico.
Critiche alle riforme del Ministro Bernini
Il documento congiunto si scaglia anche contro le proposte di riforma della Ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini. Le opposizioni sostengono che queste riforme aggravino il problema del precariato e ignorano completamente le istanze di studenti, ricercatori e docenti, sottolineando come tali preoccupazioni siano state recentemente condivise anche da 122 società scientifiche in un appello pubblico.
Un’azione unitaria per un cambio di rotta
Con i loro emendamenti, M5S, PD e AVS chiedono un’inversione di tendenza immediata. “Siamo convinti che solo un’azione unitaria delle forze di opposizione potrà arginare il pericoloso disegno di questo Governo”, concludono.
La mobilitazione delle opposizioni, accompagnata da un chiaro messaggio politico, si pone l’obiettivo di preservare il ruolo cruciale dell’istruzione e della ricerca per il progresso e la competitività dell’Italia. La battaglia, ora, si sposta in Parlamento.
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