Non ho mai creduto nell’astratto concetto di dare delle regole tout court. Mi spiego meglio: le regole sono importantissime certamente, ma quando si ha a che fare con degli adolescenti, credo funzioni molto di più la condivisione di principi attraverso l’esempio e l’apprendimento istintivo di comportamenti già messi in atto dagli adulti, piuttosto che l’imposizione di norme.
Le regole vanno spiegate e non imposte come fossero assiomi. Io penso che si debba educare i ragazzi al rispetto dell’altro, dell’ambiente e all’amore verso il prossimo , spiegando come la felicità collettiva concorra al raggiungimento della felicità individuale ad esempio nel caso del codice della strada, occorre per forza sensibilizzare i giovani sul fatto che la mia libertà finisce quando metto in pericolo la vita degli altri.
È del tutto inutile bombardare i ragazzi con tante regole: ne bastano alcune chiare e condivise. In generale in un ambiente sano i ragazzi assorbono come delle spugne la realtà che li circonda, fiutano l’atmosfera, capiscono a livello intuitivo cosa si può fare e cosa no. Ma se i ragazzi vivono in famiglie disfunzionali, dove i genitori non sono dotati di buon senso e di maturità?
Allora la scuola può assolvere all’importante funzione di supplire laddove la famiglia sia carente: il metodo migliore resta a mio avviso anche a scuola la discussione condivisa fra docenti e alunni in merito ai comportamenti da tenere per il benessere comune, alle sanzioni da comminare a chi sbagli, ai premi da elargire.
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Fatta questa operazione insieme agli alunni, è logico però che poi l’insegnante deve prendersi le responsabilità delle sue parole e azioni e agire in autonomia, imponendo anche con fermezza il rispetto delle regole condivise e approvate. In questo modo gli studenti non si saranno visti piovere dall’alto delle norme inutili o esagerate, perché hanno preso parte alla compilazione delle stesse; tuttavia essi avranno la certezza che qualcuno (l’insegnante) avrà l’ultima parola e le farà rispettare.
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