Una riflessione di Giorgio Mottola
Dalla sua collocazione strutturale nel sistema Istruzione (commi 33-44 della L.107/2015) ad oggi, l’alternanza scuola lavoro ha attirato su di sé gli strali di gran parte della comunità studentesca, di una discreta fetta di docenti e l’attenzione dei politici
C’è chi la identifica con la Buona Scuola di Renzi ed è ansioso di avviare “un processo di cancellazione” che partirebbe proprio dall’alternanza. e c’è, invece, chi ne propone la modifica e ne colloca l’attuazione tra giugno e settembre svincolata dal curricolo
Entrambi dimenticano che l’alternanza scuola lavoro non è figlia della Buona Scuola ma della cosiddetta Legge Moratti varata nel 2003
L’alternanza scuola-lavoro, infatti, prende avvio in forma sperimentale ai sensi dell’art.4 Legge 53 /2003 e , in una prima fase, coinvolge solo alcune regioni Successivamente, con il Decreto Legislativo applicativo n. 77 del 15 aprile del 2005, viene disciplinata ed individuata quale metodologia didattica , senza vincolo di obbligatorietà, per consentire agli studenti delle scuole secondarie di II grado, ivi compresi i Licei, di realizzare gli studi del secondo ciclo anche alternando periodi di studio e di lavoro. All’alternanza scuola lavoro viene riconosciuto un valore formativo equivalente ai percorsi realizzati in azienda e a quelli “formali” svolti nel contesto scolastico
Con il nuovo ordinamento degli istituti tecnici, professionali e dei licei il MIUR richiama l’attenzione dei docenti e dei dirigenti scolastici sugli stage, tirocini e alternanza scuola lavoro quali strumenti didattici per la realizzazione dei percorsi di studio ( D.P.R. 15 marzo 2010, n.88).
Dall’anno scolastico 2015/2016, l’alternanza diventa strutturale ed obbligatoria per gli studenti del terzo anno e, a regime, nell’a.s. 2017/18, gli studenti del triennio hanno completato il loro percorso di 400 ore, nei tecnici e professionali, e 200 ore nei Licei.
L’alternanza, nasce, quindi come metodologia didattica strettamente legata al curricolo e all’indirizzo di studio e coinvolge le discipline che dovranno essere curvate in funzione del percorso che si intende attivare; una metodologia che coniuga o avrebbe dovuto coniugare il sapere e il saper fare.
“Si tratta di formazione, non di lavoro o di apprendistato. Si tratta di didattica” -come ha affermato, qualche tempo fa, l’ex Ministro fedeli
Lontana, dunque, da quel sistema duale auspicato nella dichiarazione di intenti sottoscritta, a Napoli nel 2012, da Elsa Fornero, dall’allora ministro dell’istruzione Profumo e il suo omologo tedesco Annette Schavan
Cosa non ha funzionato? Perché è stata contestata dagli studenti? Perché non è riuscita a coinvolgere i consigli di classe nella loro interezza viaggiando su binari diversi da quelli delle discipline? Perché quell’equivalenza formativa dei percorsi di ASL è rimasta solo una enunciazione teorica destinata per anni a scontrarsi con le discipline e la loro autoreferenzialità?
Tutte domande che meritano una risposta senza per questo gridare per forza «Cartago delenda est» ed accanirsi contro uno strumento che forse poco si conosce e di cui sono stati, in buona parte, stravolti i principi ispiratori con progettazioni alla buona, improvvisate e slegate dal curricolo e dall’indirizzo di studio
Con questo non voglio dire che “è tutto sbagliato, è tutto da rifare” perché non mancano buone pratiche ed esempi dai quali attingere, ma negare che ci siano dei vulnus nelle proposte progettuali e nella loro realizzazione, sarebbe negare l’evidenza.
Punti centrali dell’ASL sono la didattica per competenze e la curvatura del curricolo Affinché un percorso ASL risulti significativo occorre, infatti, prestare la massima attenzione a curvare il curricolo rispetto al processo da attivare.
Imparare facendo non significa imparare a fare tutto. Per questo motivo l’interconnessione tra discipline e contesto nel quale si andrà ad operare richiede particolare attenzione
Occorre operare una scelta oculata avendo sempre in mente che “una testa ben fatta” è sicuramente meglio di una testa piena fino all’inverosimile
La stessa attività di stage, poi, non può e non deve essere un contenitore nel quale con frenesia isterica vogliamo mettere tutto e il contrario di tutto o, di contro, come qualche volta accade, ridursi ad una semplice visita guidata o, al massimo, solo ed esclusivamente ad un’aula di formazione all’interno dell’azienda. Affinché questo non accada occorrerà conoscere in via prioritaria il contesto nel quale si andrà ad operare e co-progettare il percorso col tutor aziendale tenendo conto che il cosiddetto “progetto” non è una BIBBIA e che potrà essere rimodulato in qualsiasi momento. La stessa “curvatura del curricolo” è funzione del processo che si intende attivare e tale processo deve “tendere essenzialmente a rafforzare la capacità di una persona di tradurre le idee in azione e la capacità di coping, ovvero di saper fronteggiare situazioni problematiche”
L’azione didattica deve uscire poi dallo stereotipo della sequenzialità lineare che per anni l’ha contraddistinta, e assumere un ruolo dinamico in linea con i tempi e con i nuovi linguaggi di comunicazione. Dovendosi confrontare con una realtà completamente cambiata e, soprattutto in continua evoluzione, “le discipline non vanno presentate come territori da proteggere definendo confini rigidi, ma vanno presentate come “chiavi interpretative disponibili ad ogni possibile utilizzazione” nella ricerca di quella trasversalità pedagogica, didattica e contenutistica presupposto essenziale in didattica orientata alle competenze”
Se le discipline continueranno a “viaggiare” per proprio conto e l’alternanza scuola lavoro continuerà a ritagliarsi una nicchia completamente svincolata dalle discipline, il fallimento è certo e nessun intervento legislativo potrà sanare questa frattura che ha inciso profondamente sulla qualità dei percorsi e la loro coerenza con l’indirizzo di studio ed i profili in uscita.
Sia l’ex Ministro Fedeli che il Ministro Bussetti, hanno evidenziato che è necessario migliorare la qualità dei percorsi e incidere sulla coerenza tra percorso di studio ed esperienza di alternanza intervenendo sulle Linee Guida che, a mio parere, hanno generato in qualche punto un bel po’ di confusione al punto che si sono resi necessari una miriade di chiarimenti interpretativi
Le proposte progettuali devono contribuire a sviluppare le competenze richieste dal profilo educativo, culturale e professionale del corso di studi e il flusso di azioni nell’orario curricolare, oltre ad essere coerente col percorso di ASL, non deve essere temporalmente slegato all’attività di stage e/o di osservazione in situazioni. Solo in questo modo si realizzerebbe quell’equivalenza formativa che avrebbe dovuto rappresentare la vera rivoluzione dell’alternanza scuola lavoro.
Esiste, poi, il problema dei Licei che , almeno nel primo anno di attuazione della legge, si sono trovati completamente impreparati ad affrontare le problematiche connesse all’implementazione dei percorsi di ASL nel curricolo nonostante la Legge 53/2003 ne avesse già previsto la partecipazione. Da una indagine condotta dalla RETE DEGLI STUDENTI MEDI emerge che gli studenti dei Tecnici (professionali) e Licei si differenziano pesantemente nelle scelte di valutazione dell’alternanza: “i primi danno una valutazione abbastanza positiva sia rispetto alla coerenza del percorso svolto, che all’utilità dell’’orientamento al lavoro, a testimonianza della percezione di una reale utilità formativa del percorso che questi studenti si sono trovati a svolgere, in linea con le proprie aspettative. I liceali, invece, assegnano alle medesime domande punteggi bassi, sotto la sufficienza” quasi a sottolineare una forma di rigetto per questa attività. Eppure se andiamo ad analizzare i percorsi progettuali dei Licei , ante Legge 107/2015, vediamo che molti si sono distinti per qualità ed innovazione
Ricordo, a mò di esempio, quelli orientati alla Conservazione ed il restauro, la valorizzazione ed il recupero di opere, l’archeologia, il terzo settore , l’artigianato artistico e tanti altri che videro i consigli di Classe lavorare in modo sinergico e discipline come storia, storia dell’arte, lingua e cultura latina, geografia, Scienze sociali, lingua e cultura italiana, Greco, Lingua e cultura straniera che , attraverso la curvatura del curricolo, seppero dare senso e personalità al percorso di ASL
E allora, ci si chiede, perché questo rigetto riscontrato negli studenti liceali?
Forse la qualità dei percorsi e l’esiguità delle risorse a disposizione. Assolutamente insignificanti rispetto alle azioni da mettere in campo. La legge 107/2015 autorizzava una SPESA COMPLESSIVA di 100 milioni di euro da ripartirsi tra le varie scuole secondo criteri ben precisi (consistenza numerica degli alunni delle classi terze, quarte e quinte per gli istituti tecnici e professionali e della consistenza numerica degli alunni delle classi terze, quarte e quinte ridotte a metà per i licei.)
Ogni anno la legge di bilancio stanzia queste risorse che possono comunque variare
Se ci riferiamo all’a.s. 2017/18 parametro annuale per alunno è 86,36 euro per i tecnici e professionali e 43,18 per i Licei. In pratica, a mo’ di esempio, per una classe con 20 alunni nei Tecnici e nei professionali le risorse disponibili sono pari a 1667,2 euro mentre nei licei la metà: 863,6 euro. In molti casi non coprono nemmeno le eventuali spese di viaggio
Nel mentre il Ministro Bussetti promette un impinguamento dei fondi da mettere a disposizione, il dibattito su eventuali modifiche alla struttura dell’alternanza scuola lavoro, si fa sempre più acceso. Interessante quanto proposto dalla senatrice Bianca Laura Granato (M5S) che collocherebbe la realizzazione dell’ASL tra giugno e settembre, ridurrebbe considerevolmente il monte ore da 400(200) a 100, ore che “potranno essere utilizzate altresì per l’orientamento universitario sulla base della libera scelta degli studenti e, per quanto riguarda le imprese o gli enti, mai in difformità con l’indirizzo degli istituti”
A mio parere se si vuole intervenire concretamente sulla qualità e sui contenuti dei percorsi ASL la riduzione delle ore non sortirebbe cambiamenti significativi . 6 giorni all’anno non hanno peso alcuno sull’attività degli studenti.
In quanto alla possibilità di scelta tra orientamento universitario, rammento che attualmente, le istituzioni scolastiche già dispongono degli strumenti normativi ed operativi per proporre percorsi di orientamento universitario, anche se giornate dedicate a questo tipo di attività si risolvono, in molti casi, ad una presentazione dell’offerta formativa delle singole università.
Per concludere ritengo che l’Alternanza non vada “smantellata” ma che vada rimodulata e riarticolata attraverso una completa revisione delle Linee Guida, un efficace coinvolgimento dei Consigli di Classe, una vera progettazione per competenze, una rimodulazione dei curricoli con curvature coerenti col percorso, con gli indirizzi di studio e dei profili in uscita
Tutto questo sarà sufficiente?
Non ho risposte definitive in tal senso e né pretendo di averle, ma sono profondamente convinto che occorre innanzitutto intervenire sulla formazione dei docenti con efficaci percorsi formativi che consentano di acquisire competenze e fornirli di strumenti necessari per progettare, tutorare, valutare e certificare