Caro Babbo Natale,
anche quest’anno vorrei scriverti una letterina, senza richieste di doni, ma solo con tante domande e la richiesta di risposte. So che nella fantasia dei bambini stanno cercando di farti sparire. L’altro giorno ho letto che in una scuola del nord un insegnante ha screditato la tua fantasiosa esistenza, e tutti i bambini si sono messi a piangere. Che cruda realtà! Essendo io insegnante da quasi quarant’anni, mi sento disorientata di fronte a queste crude realtà.
Se facciamo un confronto tra i bambini di ieri e quelli di oggi, a cui sottoponiamo il tablet invece di un libro, la lavagna interattiva invece del gesso che evidenziava la verità, ci chiediamo se la scuola di oggi stia formando bambini migliori di prima. Penso proprio di no. Ho insegnato per ben quarant’anni in un paese del sud Italia, e ho visto quanti cambiamenti. Ma il cuore mi duole nel constatare che, a cominciare dai dirigenti che prima davano l’esempio con il loro comportamento, dal corpo docente ai bambini, tutto si è deteriorato verso uno stato di false apparenze e ego gonfiati che non si preoccupano del bisognoso e non si confrontano con l’umile. Si è perso il senso vero e proprio della realtà esistenziale, con tutti protesi verso l’alto, il gregge che allatta il superiore.
Se vai a chiedere un euro a questo gregge per una raccolta a favore dei più bisognosi, sai come ti rispondono in coro? “Nessuno al mondo di oggi è povero,” dicono, “ma tutti si prodigano a fare regali costosissimi al dirigente.” Adesso arriva Babbo Natale per la preside, quindi regalo; poi per il compleanno, per l’onomastico, per il nipote che si diploma, per la Pasqua. Solo in queste occasioni lo sguardo truce che ho dovuto subire per ben cinque anni si trasforma da re leone a dolce principessa. Ma perché questa omertà? Caro Babbo Natale, sei d’accordo su tutto questo? Almeno tu, porta tanti regali e sogni ai bambini bisognosi. Io non ne ho bisogno, perché la corruzione non fa parte del mio essere.
Con affetto,
Acheropita Ranieri
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