Gentile Redazione,
scrivo questa lettera con un misto di amarezza e frustrazione, che ormai da troppo tempo accompagna il mio percorso professionale. Lavoro nella scuola da undici anni e, negli ultimi otto, ho assistito a una serie di episodi che mi lasciano profondamente perplesso. Almeno nove docenti sono entrati nel mio istituto, superandomi non solo in graduatoria ma anche in posizione, grazie a titoli che, a dir poco, provengono da facoltà misteriose. Anni fa, un giovane collega si è presentato nel mio istituto a soli 26 anni con una fila di punti in graduatoria tale da richiedere, a mio parere, almeno dieci anni per accumularli.
Questo collega, che ora mi ha persino superato ed è diventato di ruolo, sembra essere spuntato dal nulla con un curriculum sorprendentemente ricco. Ho chiesto alla segreteria di effettuare i dovuti controlli e, secondo loro, tutto è risultato regolare. Avrà forse una macchina del tempo? Non so più cosa pensare.
La cosa che più mi sconvolge, però, è il continuo sentir parlare della qualità dell’insegnamento, specialmente da parte di genitori, comitati o utenti dei social. Considerando tutto ciò che vedo accadere intorno a me, mi chiedo come si possa ancora discutere della qualità dell’insegnamento senza prendere in considerazione queste anomalie.
Io lavoro con dedizione e passione da undici anni, eppure mi vedo superato da ventiquattrenni con titoli acquistati all’estero, che spesso non hanno nemmeno un anno di esperienza lavorativa. Questa situazione, paradossale e ingiusta, mi lascia un senso di impotenza e rabbia. D’ora in avanti, dichiaro pubblicamente che ogni volta che sentirò qualcuno parlare della qualità dell’insegnamento, senza essere a conoscenza delle realtà interne, non riuscirò a trattenermi. La mia pazienza è giunta al limite.
Concludo con la speranza che questa mia testimonianza possa suscitare una riflessione più profonda sul sistema di selezione e sulle sue iniquità. È urgente che si faccia luce su queste dinamiche, affinché la meritocrazia possa finalmente prevalere.
Cordiali saluti,
Ubaldo A.
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