Quando un lavoratore è in malattia, può ancora dedicarsi ad altre attività senza rischiare il licenziamento? La questione è stata al centro di numerose sentenze della Corte di Cassazione, che hanno fornito importanti chiarimenti in materia.
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un dipendente licenziato perché, pur essendo assente dal lavoro per infortunio, era stato sorpreso a svolgere alcune attività in un bar di sua proprietà. Nello specifico, utilizzava la mano infortunata per compiti leggeri come fumare, usare il cellulare e stringere la mano degli interlocutori.
Secondo i giudici di merito, tali azioni erano da considerarsi “insignificanti” e non avevano pregiudicato o ritardato la guarigione del lavoratore. Pertanto, il licenziamento è stato ritenuto illegittimo.
La Cassazione, infatti, ha più volte affermato che la “giusta causa” di licenziamento – ovvero quel fatto che non consente la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro – deve essere valutata caso per caso, tenendo conto di diversi fattori. In particolare, occorre verificare se le attività svolte dal dipendente durante la malattia hanno effettivamente pregiudicato o ritardato il suo rientro in servizio.
Questo principio vale non solo per i lavoratori del settore privato, ma anche per quelli della Pubblica Amministrazione. Dunque, il semplice svolgimento di alcune mansioni durante il periodo di assenza per malattia non può essere sufficiente a giustificare il licenziamento, a patto che tali attività non danneggino lo stato di salute del dipendente.
Si tratta di un importante chiarimento che tutela i diritti dei lavoratori, evitando che possano essere sanzionati ingiustamente per aver svolto attività ritenute irrilevanti ai fini della loro guarigione.
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