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Intervistiamo Vanessa Acri insegnante di scuola primaria a Firenze e candidata alle prossime elezioni per il rinnovo del CSPI che si terranno il 7 maggio in tutte le scuole di ogni ordine e grado

Rinnovo del CSPI che si terranno il 7 maggio in tutte le scuole di ogni ordine e grado

Vanessa, vuole spiegare ai docenti della scuola primaria il perché di questa sua candidatura?

L’idea di candidarmi al CSPI nasce dall’esigenza di voler dar voce a tutte quelle persone che la scuola la vivono giorno dopo giorno e che affrontano i reali problemi del mondo scolastico. Proviamo insieme a portare più in alto possibile la voce di chi si sveglia ogni mattina per dare il meglio per i nostri ragazzi; ne abbiamo bisogno perché le liste Noi Scuola Bene Comune sono le uniche formate da insegnanti e personale ATA e non da sindacalisti di professione distaccati ormai da anni; per questo abbiamo bisogno del vostro forte supporto e del contributo di tutti voi. Nei miei 14 anni di insegnamento, anche come docente di sostegno, ho sempre cercato di dare il massimo sia in classe che ricoprendo incarichi aggiuntivi; nel tempo però ho capito che i problemi della scuola di oggi non si risolvono solo dando di più come docente – per questo facciamo già molto – ma vanno affrontati soprattutto a livello governativo, e dunque anche al tavolo del CSPI.

Ripropongo una domanda che già ho proposto alle sue colleghe di scuola primaria candidate nella sua stessa lista Noi Scuola Bene Comune: quali sono i problemi che un insegnante di scuola primaria si trova ad affrontare?

Le problematiche che un docente di oggi si trova a fronteggiare sono molteplici: abbiamo tanti alunni per classe, edifici fatiscenti e ambienti poco idonei all’apprendimento. Ogni alunno ha specifici bisogni ed è difficile riuscire a dare una risposta efficace ad ognuno di loro, non basta un PEI, un PDP o un PSP per accompagnare i ragazzi nel loro percorso. Non possiamo parlare di inclusione se continueremo a parlare di docenti di sostegno, la contitolarità è solo una mera consolazione, i docenti devono essere in numero adeguato agli alunni ed ai loro bisogni anche in compresenza, basta docenti di serie A e di serie B.

Ci sono poi docenti che non portano alunni in gita e neanche in giardino a ricreazione perché non si sentono sicuri e adeguatamente tutelati.

Docenti poco motivati perché oberati dalla compilazione di documenti che portano via tempo alla didattica con i ragazzi; se pensiamo alla stesura della progettazione di una UDA, occorre più tempo per progettarla che per realizzarla.

Le aule scolastiche sono poi sempre le stesse dai tempi della nascita delle prime scuole: cattedra, lavagna e banchi; riceviamo molti fondi dall’UE ma per metterli a frutto bisogna caricarsi ulteriormente di tanto lavoro e spesso non riusciamo neanche a rispondere alle reali esigenze delle scuole.

Non dobbiamo però pensare solo ai docenti: abbiamo i DSGA e il personale di segreteria che si trova a gestire una mole di lavoro sempre più ingente, con sistemi e regole in continuo aggiornamento, tante responsabilità, poco tempo a disposizione e poche occasioni per una formazione di qualità.

Dobbiamo capire che la scuola forma i cittadini del futuro. Investire sugli edifici, sugli ambienti di apprendimento e gratificare il personale con stipendi adeguati è alla base della costruzione del futuro del Paese.

Integrazione degli alunni stranieri, inclusione dei ragazzi diversamente abili: secondo lei la Scuola dà delle risposte adeguate?

Credo che oggi rispetto al passato ci sia stato un grande miglioramento, ma la strada è ancora molto lunga per far sì che anche gli alunni con bisogni educativi speciali possano sentirsi veramente inclusi nel contesto scolastico. Un alunno NAI, inserito in un contesto dove non conosce una parola della lingua italiana, viene messo di fronte ad una grande situazione di disagio; servono percorsi di alfabetizzazione, ma anche di supporto alla persona, prima dell’inserimento in classe. Se parliamo di alunni diversamente abili continuiamo a parlare di docente di sostegno, e finché ci sarà un docente diverso per quell’alunno, l’alunno potrà mai sentirsi come gli altri?

Prove Invalsi nella scuola primaria: qual è la sua posizione?

Le prove Invalsi nascono come strumento per verificare gli esiti degli apprendimenti degli alunni su scala nazionale, e credo sia un dovere dello Stato monitorare la qualità della scuola pubblica, e quindi si, sono favorevole. Nella mia didattica utilizzo spesso quesiti stile Invalsi, perché portano l’alunno al ragionamento. Fare didattica non è trasmettere informazioni, ma è fare in modo che gli alunni stessi arrivino all’informazione in autonomia, partendo dalle conoscenze pregresse, vivendo con la curiosità di scoprire e arrivando all’informazione ragionando. Il docente deve solo fungere da stimolo e da guida durante il percorso. Lo stile Invalsi è una modalità di verifica che non contrasta con la mia didattica ed è una modalità che permette agli alunni stessi, sotto forma di gioco, di verificare le proprie competenze.

Spesso nella scuola primaria assistiamo ad atti di aggressione da parte di genitori nei confronti delle insegnanti; secondo lei la risposta delle scuole è adeguata?

Viviamo in un mondo frenetico dove anche concedersi un pasto in tranquillità è diventato un lusso, il genitore che affida alla scuola il proprio figlio lo fa contando su un servizio di qualità che dia risposte concrete verso i bisogni degli alunni; le problematiche che possono emergere lungo il percorso possono essere le più svariate e non sempre si riesce a trovare nel breve termine una risposta adeguata, ecco che spesso il genitore si trova a sentirsi sopraffatto da una situazione che non riesce a comprendere perché mancante della visione del figlio nell’ambiente scolastico, e questo può portare a frustrazione e cattiva gestione delle emozioni anche nel genitore, seppur adulto. Non dobbiamo però dimenticare che la formazione dei ragazzi è tanto della scuola quanto della famiglia, ed è un percorso da costruire insieme ognuno nel proprio ruolo. Durante la mia carriera, anche come collaboratrice del dirigente, ho avuto modo di accogliere ed ascoltare molti genitori, e la costante è sempre stata la richiesta di aiuto, talvolta fatta nella modalità sbagliata, ma sempre di richiesta di aiuto si tratta. È importante sin da subito mettersi in una posizione di ascolto attivo, per individuare prima di tutto il reale bisogno, per poi costruire insieme una linea di azione, distinguendo i ruoli di ognuno. La scuola ascolta e dà soluzioni concrete, vista la grande professionalità dei docenti, ma le famiglie devono essere aperte ad accoglierle e perseguirle insieme. Dobbiamo ricordarci che abbiamo un unico obiettivo comune: la crescita dei ragazzi.

Cosa direbbe ad una ragazza che volesse intraprendere questa professione; certo oggi non si può negare che quello dell’insegnante è un lavoro sottopagato, usurante ma non riconosciuto come tale, non ha alcuna considerazione sociale e per di più è un lavoro sempre più pericoloso.

Fare l’insegnante è il lavoro più bello del mondo, avere un ruolo importante nella crescita dei ragazzi è il lavoro più bello del mondo, che però si porta dietro una grande responsabilità. Per scegliere questa professione bisogna guardarsi dentro, occorre passione, dedizione e disponibilità all’ascolto dell’altro, qualità difficili da mantenere intatte nel tempo se si è esposti a stress, a burocrazia, a non considerazione sociale e a difficoltà economiche tali da arrivare a fatica a fine mese. Sono considerazioni da fare se si decide di intraprendere questa professione, pena il rischio di non riuscire più a fornire un servizio di qualità, e nella scuola non si parla di oggetti ma di persone, ed è quindi una grande responsabilità quella che ci assumiamo scegliendo di fare questo mestiere. Vale la pena lottare per il futuro della nostra società, per avere docenti che ci mettono passione nel loro lavoro, per garantire la qualità del nostro futuro.

Può fare un appello ad una collega di scuola primaria sua potenziale elettrice? Perché dovrebbe votarla al CSPI?

Oggi ci troviamo di fronte ad un bivio, scegliere la voce di chi si interessa di scuola o di chi la scuola la fa! Tutti noi dobbiamo assumerci la responsabilità del cambiamento, per una scuola migliore, per una NOSTRA SCUOLA BENE COMUNE.

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