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Insegnanti, genitori e studenti del Liceo Pilo Albertelli di Roma difendono la scuola pubblica

Riceviamo e pubblichiamo

COMUNICATO STAMPA – Siamo genitori del Liceo Classico Pilo Albertelli di Roma e abbiamo letto l’articolo a firma di Valentina Lupia apparso su la Repubblica di ieri, 15/05/2023, in cui la decisione del Consiglio di Istituto del 4 maggio scorso di non approvare i progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – Next generation – Labs e Classrooms viene descritta come il risultato di una scelta ideologica fatta da genitori contrari alla tecnologia e agli investimenti nella scuola: vi chiediamo lo spazio di una replica.

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Innanzitutto sgombriamo il campo da una mistificazione: non sono stati due genitori a bocciare i progetti del PNRR, ma la maggioranza del Consiglio di Istituto, organo unitario di indirizzo della scuola in cui sono rappresentate tutte le componenti: a favore dei progetti hanno votato solo il dirigente scolastico e un genitore.

Nella vostra cronaca mancano inoltre degli elementi fondamentali per comprendere quanto avvenuto. I progetti sottoposti al Consiglio di Istituto sono stati elaborati dal Dirigente Scolastico; non sono stati sottoposti al Collegio dei Docenti che non ha potuto esprimere un proprio parere; gli studenti hanno lamentato di non essere stati informati e coinvolti. Non c’è neanche la “giustificazione” della mancanza di tempo: i progetti portano la data del 24-25/02/2023, ma solo a ridosso della seduta del 4 maggio scorso la segreteria ne ha informato i consiglieri di istituto.

Dopo che il Consiglio di Istituto ha esercitato la propria funzione, studiando la documentazione, discutendo in modo approfondito ed esprimendo un voto, il tentativo di delegittimare l’organo collegiale sta raggiungendo un livello molto preoccupante. Il messaggio è molto chiaro: se il Consiglio di Istituto delibera in modo difforme dagli obbiettivi che si vogliono imporre dall’alto nella scuola, la decisione va rimessa in discussione. Un tentativo che si esprime attraverso
informazioni parziali e unidirezionali, pressioni esterne, insulti, e quant’altro che da giorni non fanno altro che provare a far passare come ideologica, vale a dire non ragionata, non fondata, la scelta operata dal Consiglio (sul sito della scuola è presenta da giorni l’intervento dei discendenti di Pilo Albertelli, ma non c’è traccia delle motivazioni dei consiglieri). Specchio sconcertante di questo clima e di come ormai la critica non abbia più diritto di cittadinanza è la dichiarazione della presidente dell’Associazione Nazionale Presidi per Roma e Lazio che abbiamo letto nell’articolo di Valentina Lupia: che importa il voto dell’organo collegiale? se è difforme dai dettami ministeriali la scuola sarà commissariata.

Chi vive nella scuola riconoscerà questo clima ricattatorio e scoraggiante. Allora le questioni di cui vale la pena discutere oggi diventano due:
1) il modo verticistico e autoritario con cui Ministero e dirigenti stanno gestendo e vorrebbero gestire la scuola pubblica;
2) quali sono le urgenze della scuola pubblica e quali dovrebbero essere le strategie di rilancio sulle quali drenare e investire risorse? Da parte nostra, ed evidentemente anche dei docenti che hanno espresso il loro voto contrario, le urgenze sono le classi pollaio, lo stato dell’edilizia scolastica, la mancanza sistematica di personale docente e ATA che rende impossibile la didattica e i percorsi di inclusione, per nominare solo le prime della lista e non entrare nel merito dei processi di aziendalizzazione della scuola.

Ecco: i progetti PNRR in discussione non guardavano a nessuna di queste urgenze e avrebbero solo costituito un’aggravante, scaricando oltretutto nuovi gravosissimi compiti sulle segreterie sotto organico e su tutto il personale.

Ed entriamo pure nel merito: questi progetti cosa propongono? Leggeteli prima di dire che chi li rifiuta sta facendo una battaglia contro le tecnologie ed è fermo all’Ottocento. Vengono per esempio prospettati laboratori per diventare curatori di play-list (professione per la quale le app che oggi si possono incontrare in un laboratorio saranno più che sorpassate tra qualche anno) e poco altro, dello stesso tenore.

Forse è troppo complesso da capire o troppo scomodo da dire che quanto sta avvenendo all’Albertelli non è la contesa tra innovazione e opportunità da una parte e vetero ideologi dall’altra? Ci dispiace deludere: tra noi ci sono ingegneri, informatici, fisici, matematici (ma anche insegnanti, operatori sociali, lavoratori autonomi, impiegati e operai); lavoriamo con le tecnologie e sulle tecnologie e sappiamo bene che il progresso tecnologico richiede una sempre maggiore complessità e profondità ed un pensiero critico che si nutre di conoscenza disinteressata. Solo con più cultura si può usare la tecnologia per il bene comune ed i mezzi tecnici possono restare tali e non trasformarsi in “fini”. La scuola 4.0 invece, non riconosce questo impianto formativo e mira solo a competenze parcellizzate finalizzate a lavori estremamente specifici.

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Se un semplice NO provoca tanto scandalo, il suo valore ci sembra ancora maggiore di quello dell’esercizio del libero pensiero e dell’assunzione di responsabilità di fronte alle scelte che riguardano il futuro dell’istruzione pubblica: un piccolo no che, val bene ricordarlo, è nato al Liceo Albertelli da una comunità scolastica attiva, da genitori che già più volte quest’anno si sono riuniti in assemblea, da insegnanti che non rinunciano alla riflessione sul proprio ruolo, da studenti attenti e partecipi. Dicendo questo “no” rivendichiamo il più alto SI alla Scuola secondo lo spirito della Costituzione della nostra Repubblica.

Roma, 16/05/2023

Questo documento è stato elaborato con il contributo di moltissimi genitori

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