Le recenti immissioni in ruolo da concorso PNRR, previste dai bandi DDG n. 2575/2023 per la scuola secondaria e DDG n. 2576/2023 per infanzia e primaria, stanno creando un clima di incertezza tra i supplenti. Fino al 31 dicembre, le graduatorie pubblicate entro il 10 dicembre permetteranno ai candidati vincitori di assumere servizio. Tuttavia, il Decreto Legge 71/2024 introduce cambiamenti significativi, costringendo i supplenti a lasciare le loro posizioni senza preavviso.
In base alla nuova normativa, i vincitori del concorso devono prendere servizio entro cinque giorni dalla pubblicazione del decreto che indica la loro sede. Questo significa che i posti accantonati per le assunzioni dai concorsi PNRR, che non rientrano nel sistema delle supplenze da GPS, sono stati assegnati dai Dirigenti Scolastici con contratti di “supplenza fino ad avente diritto”. In molti casi, il supplente si trova a dover abbandonare la propria aula all’improvviso, mentre il vincitore del concorso prende il suo posto.
Un episodio emblematico è quello di un docente che ha ricevuto la notifica del termine del suo contratto in modo brusco, senza alcun preavviso. “Oggi alle 8.30, il mio collaboratore scolastico mi ha comunicato che dovevo lasciare l’aula. La modalità con cui è avvenuto è stata scioccante,” racconta il docente. Questo tipo di comunicazione, priva di empatia e rispetto, riflette una realtà più ampia nel sistema educativo italiano, dove le decisioni sono spesso governate da logiche burocratiche piuttosto che da considerazioni umane.
La frustrazione dei supplenti è palpabile. Molti di loro, nonostante una formazione accademica solida e varie esperienze lavorative, si trovano a fronteggiare un sistema che sembra non riconoscere il loro valore. “Siamo continuamente giudicati non sulla qualità del nostro lavoro, ma sulla legittimità della nostra esistenza come lavoratori,” afferma il docente.
In questo contesto, i supplenti possono ancora sperare in future opportunità, iscrivendosi alle graduatorie di istituto o partecipando a eventuali interpelli. Tuttavia, il periodo trascorso con contratto “fino ad avente diritto” è riconosciuto solo in parte per la validità del servizio, lasciando molti in uno stato di precarietà.
La questione centrale rimane: come possiamo preparare gli studenti per un futuro incerto, quando il sistema stesso sembra non valorizzare le persone al suo interno? La risposta a questa domanda è fondamentale per il futuro della scuola italiana e per il benessere di tutti coloro che vi operano.
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