In una sorpresa inaspettata, la rivalutazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) ha battuto i rendimenti dei fondi pensione nel 2022, registrando un aumento del 9,75% rispetto ai risultati negativi dei fondi. La maggior parte dei lavoratori italiani mantiene ancora oggi i propri accantonamenti per la vecchiaia all’interno della stessa azienda, nonostante un aumento del 5,8% delle adesioni ai fondi pensione, con masse gestite in calo di 7,7 miliardi di euro.
Il TFR è l’accantonamento obbligatorio da parte dell’azienda a favore dei propri dipendenti, che corrisponde al 6,91% della retribuzione annua lorda del lavoratore. La rivalutazione del TFR viene effettuata annualmente, con un aumento del 75% del tasso d’inflazione annuale nel mese di dicembre più un aumento fisso dell’1,50%.
Analizzando i rendimenti negli ultimi 10 anni, la rivalutazione annua media composta del TFR ha superato quella dei fondi pensione negoziali, con una media del 2,4% rispetto al 2,2% dei fondi. Inoltre, negli ultimi 5 anni, il TFR ha registrato un rendimento medio annuo del 3,3%, battendo anche i fondi pensione aperti e i PIP. Questi risultati suggeriscono un problema per quei lavoratori che si trovano vicini alla pensione e con una storia di versamenti breve.
Nonostante ciò, la diffidenza verso i mercati finanziari in Italia rimane alta, e il governo sta cercando di rinvigorire le adesioni ai fondi pensione negoziali attraverso un nuovo semestre di silenzio-assenso. Tuttavia, la recente performance del TFR dimostra che potrebbe essere un’opzione valida per la previdenza complementare.
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