A mio avviso l’introspezione rappresenta la dimensione della metacognizione grazie alla quale l’uomo può conoscere i limiti della propria conoscenza; le due condizioni a priori di Kant ovvero lo spazio e il tempo non possiedono tra esse un confine ben definito cioè l’uomo attraverso l’immaginazione può fare infinite ipotesi riguardo la realtà contingente che lo rende cosciente della relatività delle proprie idee.
Quindi alla luce di ciò quello che è necessario considerare ai fini della validità del conoscere è il contesto storico del soggetto pensante; per esempio con Dante le idee rappresentano ancora una proiezione del trascendente ovvero del timore reverenziale dell’uomo verso Dio che rende il primo ancorato ad una visione statica della realtà.
Proseguendo con Petrarca le idee acquisiscono una connotazione introspettiva visto che la realtà comunale dei tempi di Dante è venuta meno e l’individualismo, determinato dalla mancanza di libertas dei Principati, cede il passo ad una visione della realtà centrata più sulla riflessione personale che sulla condivisione delle idee tra più soggetti.
Per arrivare così a Boccaccio con cui l’espressione e la comunicazione delle idee si avviano verso una configurazione più democratica sullo sfondo della società mercantile dell’epoca.
Poi Umanesimo e Rinascimento; il recupero del significato autentico degli antichi classici funge da modello per rendere l’espressione e la comunicazione delle idee condizionate da una concezione antropocentrica della realtà. In altre parole “il neonato uomo moderno” ritiene di essere in possesso di verità segrete per poter determinare gli eventi.
La configurazione scientifica del metodo sperimentale di Galileo ridimensiona le aspettative dell’uomo rinascimentale: l’uomo può conoscere attraverso le scoperte scientifiche.
E con il “cogito ergo sum” di Cartesio la conoscenza acquisita la connotazione razionalista dell’epoca moderna cioè è impossibile dedurre le idee se si escludono le funzioni affidate all’intelletto umano. Procedendo in questa direzione la conoscenza diviene maggiormente contestuale con l’empirismo di Locke il quale fa corrispondere la conoscenza al dato sensibile eliminando così da essa ogni pretesa di trascendenza.
È con Kant che l’uomo diviene definitivamente consapevole dei limiti delle proprie ipotesi in merito a se stesso e alla realtà che lo circonda: con Kant le idee sono solo noumeni in un contesto, il fenomeno, che determina la loro trascendentalità.
L’unica traccia di trascendenza ci viene dalle condizioni a priori della conoscenza cioè lo spazio e il tempo che rendono la conoscenza, comunque e paradossalmente, reale e contestualizzata; è cioè impossibile prescindere dallo spazio e dal tempo per poter conoscere e dette condizioni a priori sono l’espressione dell’immaginazione dell’uomo la quale non ha limiti né confini. Ecco!
In tal senso la trascendenza, seppur conservando qualche residuo medievale di santanselmiana memoria, lascia spazio alla trascendentalità.
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