L’istituzione della “autonomia scolastica” e l’attuazione della legge n. 107 del 2015 (meglio nota come “Buona Scuola”) sono due tappe determinanti di un percorso di mercificazione/aziendalizzazione coatta dell’istruzione scolastica. Si è trattato di un processo travagliato che ha introdotto nel mondo della scuola un assetto di tipo oligarchico e verticistico, contrassegnato in termini autoritari.
Nei fatti, si è venuta ad instaurare una distribuzione di segno clientelare di incarichi e ruoli gerarchici in un quadro di rapporti interpersonali e professionali vigenti tra le categorie dei lavoratori della scuola, docenti e non. In particolare, all’interno del corpo docente si è determinata una netta disparità, sia di redditi che di funzioni, che tuttavia non corrisponde a meriti reali, né a qualifiche professionali, o a specifiche competenze tecniche, né a valori intellettuali.
In altri termini, la politica scolastica dei governi che si sono avvicendati negli ultimi anni, di qualsiasi colore e matrice, ha attivato meccanismi perversi che hanno prodotto un’aberrante ed infausta mercificazione della funzione didattico-educativa ed una crescente, volgare e maldestra opera di aziendalizzazione della Scuola Pubblica, degli ordinamenti e delle relazioni sociali vigenti al suo interno, che si strutturano in termini di comando e subordinazione, logorando inevitabilmente la democrazia collegiale, ormai inesistente.
Negli ultimi tempi è stato possibile sperimentare che l’avvento dell’autonomia, ovvero la mera formulazione giuridica della stessa, non ha stimolato affatto le singole scuole ad esercitare un ruolo incisivo e trainante, di intervento critico-costruttivo, tantomeno di promozione culturale, all’interno del contesto socio-economico e politico di appartenenza. In tanti casi, le istituzioni scolastiche hanno assunto una posizione subalterna ai centri di potere operanti in varie realtà locali.
E mi riferisco anzitutto alle Pubbliche Amministrazioni, incapaci o restie a supportare finanziariamente il piano di arricchimento e di ampliamento della qualità dell’offerta formativa delle scuole. A ciò si è aggiunto un fenomeno di imbarbarimento dei rapporti sociali e sindacali tra i lavoratori della scuola, in quanto è diventata il teatrino di estese e laceranti conflittualità interpersonali.
Tali esiti disgreganti sono una conseguenza provocata proprio dalla tanto decantata “autonomia”, nella misura in cui un simile provvedimento normativo non ha sortito un assetto di stabilità, equità, efficienza, suscitando perlopiù caos, contrasti, lotte intestine, assenza di certezze, violazione di regole e diritti, sindacali e democratici, favorendo comportamenti furbeschi ed arroganti, esasperando insane rivalità e competizioni per fini venali e carrieristici.
In tali dinamiche sono innegabili le varie e molteplici responsabilità politiche dei precedenti governi di centro-sinistra, che hanno intrapreso un’azione demolitrice della Scuola Pubblica e della democrazia partecipativa e collegiale interna, avendo “gioco facile” nell’infliggere il colpo letale alla libertà di insegnamento ed al diritto all’istruzione. In tal modo, quello stato di palese disorientamento e di sfascio, già diffuso ed avvertito nella realtà di tante scuole, si è aggravato.
Il clima di caos, di carenza di regole e tutele democratiche, di crisi delle normative sindacali, è ormai destinato ad estendersi e degenerare in modo crescente e deleterio, inasprendo le contraddizioni intestine al mondo della scuola. I capponi di Renzo Tramaglino, il protagonista de I promessi sposi, sono la metafora più adatta a descrivere la farsa grottesca qual è oggi la scuola italiana.
Lucio Garofalo