Roma, 20 marzo – Oggi le università italiane sono in fermento: studenti, ricercatori e docenti scendono in piazza per opporsi ai tagli al settore accademico e per chiedere maggiori investimenti nella ricerca pubblica. Mentre il governo celebra l’università con iniziative istituzionali, la realtà dei numeri racconta una storia ben diversa. Il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) ha subito una riduzione di 1,2 miliardi di euro, con un primo taglio di 500 milioni nel 2024 e ulteriori 700 milioni previsti entro il 2027.
La situazione diventa ancora più critica con il Disegno di Legge 1240 sul preruolo, che non offre soluzioni concrete alla precarietà accademica, penalizzando ricercatori e giovani studiosi che vedono il proprio futuro sempre più incerto. In un contesto già segnato dalla mancanza di risorse, desta indignazione la decisione del governo di incrementare le spese militari, destinando miliardi di euro al riarmo invece di investire nella formazione e nella ricerca.
Le proteste si stanno diffondendo nelle principali città italiane con assemblee pubbliche, lezioni all’aperto e occupazioni simboliche per sensibilizzare l’opinione pubblica e chiedere un cambio di rotta nelle politiche educative del Paese. Gli esponenti del Movimento 5 Stelle in commissione cultura hanno espresso il loro pieno sostegno alla mobilitazione, ribadendo l’urgenza di garantire finanziamenti adeguati al mondo accademico per evitare un progressivo declino dell’università pubblica italiana.
“Non possiamo accettare che si trovino risorse per le armi, mentre studenti e ricercatori vengono lasciati senza prospettive. L’università deve essere una priorità per il futuro del Paese”, hanno dichiarato i parlamentari M5S.
La battaglia per un sistema universitario più equo e solido è appena iniziata, e il messaggio che arriva dalle piazze è chiaro: servono investimenti strutturali per garantire un futuro alla ricerca italiana.
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