Avvocato lei in Italia è fra i massimi esperti in Diritto Scolastico, quella della carta docenti ai precari è l’ultima, in ordine di tempo, vittoria in Tribunale, ci vuole elencare le altre storiche sentenze che hanno riconosciuto molti diritti ai lavoratori della scuola?
In realtà i colleghi che si occupano di Diritto Scolastico sono tanti. Io ho avuto la fortuna, negli ultimi 15 anni, di confrontarmi e collaborare con colleghi del gruppo ANIEF che da sempre si occupano del contenzioso scolastico. Cito fra tutti Walter Miceli, Fabio Ganci, Nicola Zampieri, Sergio Galleano, Enzo De Michele e tanti altri.
Oggi dopo un lungo percorso giudiziario la Corte di Cassazione ha emesso diverse sentenze che hanno cristallizzato una serie di diritti rivendicati da anni nei vari tribunali. Dopo tante sentenze di merito e la conferma finale dei Giudici di Piazza Cavour il personale scolastico può procedere con sicurezza nei vari tribunali locali per ottenere: Risarcimento danno per abusiva reiterazione dei contratti a termine, Scatti di anzianità, Retribuzione Professionale Docenti, Compenso Individuale Accessorio (ATA), Fascia retributiva 3-8 (cancellata dall’accordo contrattuale del 2011), integrale ricostruzione della carriera, Indennità ferie non fruite, punteggio militare etc.
Fra queste quale ritiene la più significativa?
Sono tutte importanti perché permettono al personale scolastico di recuperare consistenti somme di denaro che altrimenti andrebbero perse. Il risarcimento del danno può addirittura arrivare a 30.000€ e riguarda un numero sostanzioso di docenti. Tantissimi hanno invece diritto alla Retribuzione Professionale Docenti (circa € 1.600/anno scolastico). Si tratta della voce stipendiale negata illegittimamente ai supplenti brevi e saltuari e ai tanti docenti COVID.
Ci racconti invece dell’ultima battaglia quella del riconoscimento della carta dei docenti ai precari, ne hanno parlato tutti i media nazionali, ma senza mai entrare nel merito, le va di farlo per noi?
La vicenda riguarda la famosa Carta Docenti istituita con l’art. 1, comma 121, della L. n. 107/2015 (Buona scuola di Renzi) che aveva sancito, al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, l’istituzione della Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.
La Carta, dell’importo nominale di euro 500 annui, per ciascun anno scolastico, viene utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali e per altre ulteriori attività culturali e formative.
Da anni la Carta docenti viene corrisposta solo ai docenti di ruolo mentre da sempre esclusi i docenti precari nonostante avessero stipulato contratti annuali o addirittura precari poi entrati in ruolo.
La vicenda da anni ha infiammato migliaia e migliaia di docenti precari ma nonostante tutte le pressioni la questione è rimasta irrisolta.
A dire il vero, nel 2016, una sentenza del Tar Lazio negò il diritto e da quel momento la questione sembrava essere definitivamente chiusa.
Durante il Governo Conte due si provò ad introdurla anche per i precari grazie ad un emendamento che ebbe il parere favorevole del Governo e dell’allora Ministro Azzolina ma si schianto dinanzi al MEF che lo blocco per mancanza di coperture. Niente da fare anche con il Governo Draghi nonostante le promesse del sottosegretario Rossano Sasso.
Per questo, nel 2020, quando la carta docenti è diventata indispensabile per l’acquisto del materiale informatico necessario per svolgere l’attività didattica a distanza in cui viene utilizzato anche il personale docente a tempo determinato, abbiamo riconsiderato la vicenda .
Inoltre una sentenza della Corte di Lussemburgo del 2019 (Usariz Arosegui) aveva riconosciuto, a seguito alla remissione del Tribunale Amministrativo di Pamplona (Spagna), il diritto di ricevere L’INDENNITÀ sessennali PER FORMAZIONE CONTINUA anche ai dipendenti di ruolo inquadrati nella funzione pubblica docente, senza esclusione di coloro che sono dipendenti temporanei, quando, sotto il profilo della percezione dell’indennità in discussione, le due categorie di lavoratori in parola si trovano in situazioni comparabili.
Argomenti che mi hanno spinto insieme ai colleghi (Anief) Nicola Zampieri, Walter Miceli e Fabio Ganci a proporre dei ricorsi.
A distanza di pochi mesi siamo riusciti ad ottenere dal Giudice di Vercelli la remissione alla Corte di Giustizia Europea che dovrà vagliare se sussistono valide ragioni per disapplicazione dell’art. 1, comma 121, della L. n. 107/2015 e del D.P.C.M. n. 32313/2015 per contrasto con la CLAUSOLA 4 DELL’ACCORDO QUADRO DEL 18.3.99 SUL LAVORO A TEMPO DETERMINATO, recepito dalla direttiva 1999/70/CE e VIOLAZIONE DELL’ART. 14 DELLA CDFUE., DELL’ART. 10 DELLA CARTA SOCIALE EUROPEA E DELLA CLAUSOLA 6 DELL’ACCORDO QUADRO SUL LAVORO A TEMPO DETERMINATO, RECEPITO DALLA DIRETTIVA 1999/70.
Una disapplicazione che blinderebbe il diritto di migliaia di precari a poter rivendicare € 500,00 per ogni anno scolastico dal 2016/17 in poi. Una clava che cadrebbe sul MEF e sul Governo Draghi perché le somme sono davvero tante. Una prima stima prudenziale, fa pensare a circa 800 milioni di euro!!
Nel mentre sono arrivate una sentenza del Consiglio di Stato e la prima sentenza del Giudice del Lavoro a Torino. Quest’ultima sentenza ha riconosciuto ad un nostro docente € 3.000,00 per i sei anni di precariato in cui il Ministero/MEF non hanno mai riconosciuto la carta docente
Quali altre ingiustizie vuole ancora combattere?
Da circa un anno lavoriamo per il riconoscimento della retribuzione delle ore di formazione. Come è noto il docente a seguito dell’assunzione a tempo indeterminato, deve svolgere, dall’anno scolastico 2015/2016 (anno di prova), 50 ore complessive di formazione articolate in diverse fasi (in presenza e a distanza, attività peer to peer, laboratori didattici coordinati dai tutor, ecc.), al fine di ottenere la definitiva immissione in ruolo. Nonostante tale formazione risulti obbligatoria, viene parzialmente impartita fuori dall’orario di servizio, senza alcuna remunerazione, in palese violazione, da un lato, dell’art. 36 della Cost., che impone di rapportare la retribuzione alla quantità della prestazione lavorativa, posto che le ore di attività formativa obbligatoria, indubbiamente rientrante nell’orario di lavoro ai sensi dell’art. 1 del dl.vo n. 66/2003. Inoltre sembrerebbe palese il contrasto con l’articolo 2 della direttiva 2003/88, che ricomprende nell’«orario di lavoro» «qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni», e con l’articolo 13 della direttiva 2019/1152, per cui «Gli Stati membri provvedono affinché, qualora un datore di lavoro sia tenuto, a norma del diritto … nazionale o dei contratti collettivi, ad erogare a un lavoratore formazione ai fini dello svolgimento del lavoro per il quale è stato assunto, tale formazione … sia considerata come orario di lavoro».
Aspettiamo fiduciosi le prime sentenze
Per chi volesse info sui possibili ricorsi esperibili, informazionescuola, mette a disposizione una scheda dati da compilare e trasmettere alla nostra casella di posta elettronica [email protected] . Vi indicheremo a mezzo mail i possibili ricorsi esperibili con i vostri legali di fiducia.