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È ora di riconoscere il valore dell’esperienza: stop alle polemiche sui percorsi INDIRE, la richiesta

L'importanza dell'esperienza sul campo nell'insegnamento: un dibattito aperto

Nel panorama della formazione e dell’abilitazione all’insegnamento, l’esperienza sul campo emerge come un valore insostituibile. Non si tratta di un titolo che può essere “acquistato” attraverso corsi o certificazioni, ma di un patrimonio costruito negli anni, attraverso l’interazione diretta con gli studenti, la gestione di dinamiche complesse e l’adattamento ai continui cambiamenti del contesto educativo. Un docente con anni di insegnamento alle spalle, sia nel sostegno che nelle discipline curriculari, sviluppa competenze che vanno ben oltre le nozioni teoriche acquisite in aula.

A rafforzare questa tesi interviene la recente decisione del giudice M. R. Palumbo, che, basandosi sulla sentenza Mascolo della Corte di Giustizia UE del 2014, ha riconosciuto il valore del servizio continuativo come titolo abilitante. Secondo questa interpretazione, tre anni di insegnamento, combinati con un titolo accademico e il conseguimento di 24 CFU, sono elementi sufficienti per ottenere l’abilitazione. Questa sentenza segna un’importante svolta nel riconoscimento della professionalità docente e si contrappone ai percorsi attualmente richiesti di 30/36 CFU, spesso onerosi e poco rappresentativi dell’effettiva preparazione di un insegnante.

La questione solleva un interrogativo fondamentale: è giusto che anni di esperienza in aula vengano considerati meno rilevanti rispetto a un titolo formale? La realtà scolastica dimostra che le competenze si affinano sul campo, nella gestione quotidiana delle classi, nella capacità di rispondere ai bisogni educativi in modo efficace e nell’empatia che si sviluppa nel rapporto con gli studenti. Ignorare questo aspetto significa svalutare il ruolo stesso dell’insegnante e imporre un sistema rigido che non premia il merito e l’impegno.

Alla luce di questi sviluppi, appare necessario smorzare i toni del dibattito sui percorsi INDIRE. Piuttosto che creare divisioni tra docenti con percorsi formativi differenti, bisognerebbe promuovere un clima di collaborazione e rispetto reciproco. Formazione accademica ed esperienza pratica devono essere considerate due pilastri complementari per la crescita professionale del docente, non elementi di contrapposizione.

L’appello è quindi chiaro: cessiamo il fuoco sui percorsi INDIRE e sui docenti che ne beneficeranno. È il momento di valorizzare il lavoro di chi ogni giorno si dedica all’insegnamento con passione e dedizione, riconoscendo il giusto peso all’esperienza maturata sul campo.

Daniela Nicolò – Gruppo UNITI per INDIRE

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