Docenti italiani: bene o mal retribuiti? Uno sguardo approfondito sui numeri e sul confronto con l’Europa

Analizziamo i dati OCSE per comprendere la vera situazione retributiva del corpo docente in Italia rispetto agli altri paesi

Quando si discute della retribuzione dei docenti in Italia, spesso emergono opinioni contrastanti. Da un lato, c’è chi sostiene che gli insegnanti siano sottopagati rispetto ai loro colleghi di altri paesi; dall’altro, chi afferma che i loro stipendi siano in realtà più alti, soprattutto per i docenti con più anni di servizio. Per fare luce su questa questione, è necessario analizzare i dati in modo approfondito e considerare diversi fattori chiave.

Innanzi tutto, è importante considerare la consistenza effettiva degli organici in Italia e negli altri paesi. In Italia, il numero di docenti di ruolo e non supera i 750.000 unità, con un’incidenza significativa di insegnanti di sostegno, una situazione non riscontrabile in molti altri sistemi scolastici.

Un altro elemento da tenere in considerazione è il costo della vita tra l’Italia e gli altri Paesi OCSE. Per lo Stato Italiano il costo della vita in Italia è generalmente più basso rispetto ad alcuni Paesi, come quelli scandinavi, che hanno un PIL più elevato e una popolazione inferiore.

Infine, è importante considerare le differenze nell’organizzazione giuridica del personale tra l’Italia e gli altri paesi. In Italia, il rapporto di lavoro dei docenti si caratterizza per un peso rilevante del diritto amministrativo, a differenza di altri Paesi in cui il diritto privato ha una maggiore rilevanza.

Proprio in riferimento a questi ultimi punti, i dati OCSE hanno rivelato che in alcuni gradi di istruzione, gli stipendi dei docenti italiani con più anni di servizio risultano più alti rispetto a quelli dei loro colleghi che operano nei Paesi scandinavi, nonostante il PIL più elevato e il costo della vita maggiore in queste nazioni, ma poi i docenti italiani devono fare i conti con l’inflazione fuori controllo.

Lo ribadiamo da anni, occorre una politica salariale seria, che metta al centro la qualità della vita dei lavoratori dipendenti, specie quelli a monoreddito ormai considerati i nuovi poveri.

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