La notizia è di quelle che scuotono il dibattito pubblico: l’Inps ha introdotto, senza alcuna comunicazione ufficiale, un aggiornamento dei requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia e a quella anticipata. Una decisione che avrà un impatto significativo su milioni di lavoratori italiani e che, secondo i sindacati, è stata presa in totale assenza di trasparenza istituzionale.
Cosa cambia dal 2027
A partire dal 2027, l’età minima per accedere alla pensione di vecchiaia salirà a 67 anni e tre mesi, tre mesi in più rispetto agli attuali requisiti. Per la pensione anticipata, invece, saranno necessari 43 anni e un mese di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica, mentre per le donne il requisito si ferma a 42 anni e un mese.
Ma non è tutto: dal 2029 si assisterà a un ulteriore incremento. L’età per la pensione di vecchiaia sarà portata a 67 anni e cinque mesi, mentre il requisito contributivo per la pensione anticipata salirà a 43 anni e tre mesi (42 anni e tre mesi per le donne). In totale, da qui al 2029, i lavoratori dovranno affrontare un aumento complessivo di cinque mesi rispetto ai requisiti attuali.
Una decisione che spiazza
Questa revisione dei criteri è arrivata come una doccia fredda. Fino a oggi, infatti, il 25° Rapporto della Ragioneria Generale dello Stato del 2024 indicava che non ci sarebbero stati cambiamenti nel 2027 e prevedeva un incremento di appena un mese nel 2029. Tuttavia, l’aggiornamento dei software applicativi dell’Inps ha rivelato una realtà ben diversa, scatenando reazioni accese da parte dei sindacati e del mondo politico.
La protesta dei sindacati
La Cgil ha immediatamente preso posizione contro questa decisione. Lara Ghiglione, segretaria confederale del sindacato, ha denunciato la mancanza di trasparenza da parte dell’Inps e dei ministeri competenti. “Tali modifiche non trovano alcun riscontro nei documenti ufficiali attualmente vigenti”, ha dichiarato Ghiglione, sottolineando come questa scelta rischi di lasciare senza tutele migliaia di lavoratori, aumentando il numero degli esodati.
Ezio Cigna, responsabile dell’Ufficio Politiche previdenziali della Cgil, ha evidenziato come queste modifiche rappresentino un ulteriore peggioramento del quadro previdenziale italiano, in contrasto con le promesse elettorali di riforma del sistema pensionistico.
Richieste di chiarimenti al Governo
Anche il mondo politico si è mobilitato. Franco Mari, capogruppo di Avs nella commissione Lavoro della Camera, ha chiesto spiegazioni immediate al Governo: “Questa modifica unilaterale è fuori dal mondo. È stata chiesta dal Governo? E perché tutto è stato fatto senza trasparenza? Qui sono in gioco diritti e vite di milioni di persone”.
Conclusioni
L’aggiornamento dei requisiti pensionistici da parte dell’Inps apre un nuovo fronte di scontro tra sindacati, Governo e istituzioni. La mancanza di comunicazione ufficiale e la portata delle modifiche introdotte alimentano tensioni in un momento già delicato per il sistema previdenziale italiano. Resta ora da vedere se ci saranno passi indietro o se queste modifiche diventeranno realtà per milioni di lavoratori entro pochi anni.
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