Condizione e cultura giovanile nella società e nella scuola
La società odierna nella sua complessità è in continua evoluzione e cercare di comprendere la figura dell’adolescente risulta un compito assai difficile per tutti gli attori sociali coinvolti in questa macchina (i ragazzi, la famiglia, la scuola, la società in generale) dell’ attività didattica educativa.
In psicologia per l’adolescenza si considera una fascia d’età compresa tra i dodici anni e i venti anni, nella quale avviene la transizione tra infanzia ed età adulta; tuttavia questi confini temporali non bastano certamente a definire il periodo dell’adolescenza, infatti è un mondo in continua esplorazione che nella società attuale si configura come un fenomeno culturale in continua evoluzione.
Nel corso degli ultimi decenni, con l’avvento della società di massa, della società dei consumi, della cultura dei media, della crisi e della trasformazione della famiglia, del mutamento dei valori sociali, la figura e l’identità dell’adolescente si è trasformata radicalmente; ciò non sempre positivo; infatti ha creato nelle giovani generazioni inquietudini, tensioni, malesseri e incertezze che racchiudono quello che oggi può essere definito disagio generazionale.
Tale disagio si manifesta spesso in atti di ribellione e bullismo, uso di droghe e alcool che in molti casi sfociano in atti di autolesionismo (tipo bulimia o anoressia) e violenza contro tutto e tutti, rendendoli incapaci di reagire, razionalizzare e vivere la PROPRIA esistenza. Pertanto i giovani, spesso, nella società, nella scuola e nei vari contesti di vita dove si trovano a vivere ed operare, manifestano stati d’animo di rabbia e insofferenza.
La Scuola è l’istituzione nel processo di comprensione e recupero di tale fenomeno, anzi, deve saperlo riconoscere e prepararsi a trattarlo e fronteggiarlo nel modo più adeguato. Deve saperlo, quindi, diagnosticare, interpretare ed affrontare.
Quindi la scuola, e perciò i docenti che dovranno svolgere questo ruolo, deve essere preparata a svolgere tale compito così importante, che purtroppo spesso risulta disatteso.
Nell’attività proposta è questa la sfida richiesta agli insegnanti: utilizzare competenze pedagogiche e didattiche per riuscire ad entrare, attraverso una autentica comunicazione, nel mondo dei giovani che spesso appare sconosciuto e misterioso, per suscitare interrogativi sul valore della vita e stimolare in loro nuovi interessi verso la conoscenza .
Interessante al riguardo è il Rapporto Delors, secondo cui “per riuscire nei suoi compiti l’educazione deve essere organizzata intorno a quattro tipi fondamentali di apprendimento che, nel corso della vita di un individuo, saranno in un certo senso i pilastri della conoscenza”, e per il quale, quindi, bisogna trasmettere l’abilità a saper:
- imparare a conoscere, cioè ad acquisire gli strumenti della comprensione;
- imparare a fare, in modo tale da essere capaci di agire creativamente nel proprio ambiente;
- imparare a vivere insieme, in modo da partecipare e collaborare con gli altri in tutte le attività umane;
- imparare ad essere, un progresso essenziale che deriva dai tre precedenti.
Oggi più che mai, il dibattito sull’educazione è di grande attualità, perché il processo di sviluppo giovanile non appare più sotto la guida esclusiva della scuola e della famiglia, ma sempre più stimoli, opportunità d’apprendimento e di sollecitazioni emotive, giungono ai ragazzi attraverso nuove reti e luoghi di socializzazione, di aggregazione e di comunicazione.
Tutto ciò richiede da parte del docente una profonda e personale conoscenza del mondo giovanile, in generale, e degli studenti, in particolare, il cui disagio si esprime con atteggiamenti di rifiuto delle regole, di indifferenza alla cultura, di resistenza all’impegno. Risulta evidente che fare lezione ed interrogare con i metodi tradizionali non è più sufficiente; bisogna pertanto intervenire,creando in classe, attraverso il lavoro con gruppi di partecipazione e di riferimento, in ambito culturale, ricreativo e sportivo, con momenti di incontro e di attività in cui sia il docente sia lo studente siano corresponsabili per la buona riuscita del progetto educativo.
E’ necessario che alunni ed insegnanti diventino “giocatori di una stessa squadra, ognuno con un proprio ruolo e sviluppino uno spirito di gruppo”. Ho trovato molto interessante, in tal senso, la metodologia proposta, poiché richiede la partecipazione attiva ad entrambe le componenti del processo educativo. Le “domande aperte” proposte richiamano argomenti di competenza degli insegnanti, mentre lo “spirito di gruppo” si riferisce ad alunni e docenti. Attraverso le “domande aperte” si chiede al docente di rinunciare al suo ruolo istituzionale e ad:
- affrontare con serietà tematiche riguardanti i giovani, il loro disagio e il loro star bene con se stessi, con gli altri e con le istituzioni;
- interrogarsi con sincerità sull’efficienza ed efficacia degli strumenti istituzionali a disposizione per la formazione degli studenti come per esempio i Centri di Informazione e Consulenza;
- trovare una strategia affinché possa essere riconosciuta dignità concettuale, curricolare e amministrativa agli obiettivi e ai percorsi di tipo educativo.
La seconda fase è organizzata come un vero e proprio gioco che mira a valorizzare lo “spirito di gruppo”. Essa, rivolta agli studenti, prevede una sorta di “competizione”. Il lavoro potrebbe svilupparsi mediante una simulazione di gioco in cui due squadre si affrontano. Gli alunni scelgono un ruolo con cui si confrontano e, partendo dalla propria esperienza e approfondendo la tematica correlata, possono aprire un dibattito che li farà sentire protagonisti dell’azione educativa e li farà confrontare con i sentimenti e le idee degli altri.
Ciò li aiuterebbe a comprendere i loro punti di forza e di debolezza, a valorizzare se stessi e la propria esistenza, a prendersi cura di sé e quindi, in poche parole, ad una maturazione personale.
Fondamentale è, in questa fase, la capacità del docente di ascoltare e di creare un clima di confronto basato sulla fiducia, stima ed entusiasmo. Ritengo che tale tipologia di attività potrebbe sicuramente coinvolgere di più gli allievi poiché si presenta più interessante rispetto ai modelli didattici utilizzati di solito, e quindi potrebbe sortire dei risultati efficaci e significativi.