Aumenti stipendi del pubblico impiego a rischio – Il governo italiano – finita la campagna elettorale – potrebbe rivedere alcune delle misure introdotte con l’ultima legge di Bilancio se, come sembra probabile, dopo le elezioni europee di giugno la Commissione UE deciderà di avviare una procedura d’infrazione per eccesso di deficit, e non consideriamo il patto di stabilità sottoscritto che rischia di essere una spada di Damocle per gli italiani.
Aumenti stipendi del pubblico impiego a rischio
Tra le riforme a rischio gli aumenti previsti per i contratti del pubblico impiego, il taglio del cuneo contributivo (bonus Meloni) e la nuova Irpef. Per rispettare i parametri di deficit fissati da Bruxelles, Roma dovrà trovare almeno 20 miliardi di euro solo per confermare queste misure nel 2025.
Il bonus Meloni da solo costa 10 miliardi l’anno, mentre la riforma Irpef ne vale 4,3. Se escluso un nuovo ricorso al deficit, le uniche opzioni sono tagli alla spesa o maggiori entrate.
Gli aumenti della PA potrebbero quindi essere anticipati per compensare la riduzione dello stipendio dovuta al taglio del bonus, ma resta da vedere se le risorse saranno sufficienti anche negli anni successivi.
Un’altra strada è la riduzione della platea dei beneficiari o l’abbassamento delle agevolazioni. Una strada ancora più complicata sarebbe escludere del tutto chi finora non ha usufruito di nessun bonus. Il governo si trova di fronte a una non semplice equazione per garantire gli effetti delle misure avviate.
In sintesi, la necessità di ridurre il disavanzo potrebbe costringere l’esecutivo a rivedere alcune delle riforme chiave della manovra, mettendone a rischio la prosecuzione nel tempo e creando difficoltà sia a chi gode attualmente dei benefici sia a chi è rimasto escluso finora.
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