Allarme povertà tra insegnanti e personale ATA, occorre una politica a sostegno dei salari, quali soluzioni?

Più e più volte abbiamo denunciato il rischio povertà fra docenti ed in particolare gli ATA, tuttavia le nostre denunce sono cadute nel vuoto, adesso a conferma della nostra tesi vi è un recente studio che evidenzia come oltre il 30% dei lavoratori della scuola si trova a rischio indigenza.

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Le cause principali sono gli stipendi bassi e le carriere troppo lunghe, proviamo ad analizzare le possibili cause.

Docenti e ATA con stipendi da fame: ecco perché

Entrare in ruolo sempre più tardi a causa del precariato dilatato nel tempo significa accumulare meno contributi e andare incontro a pensioni basse. A questo si aggiungono gli stipendi fermi agli aumenti minimi anche durante gli anni passati a contratto. Risultato? Molti non riescono più ad arrivare a fine mese.

Inflazione e mutui, ma gli stipendi non aumentano

Con i prezzi che salgono a causa dell’inflazione, chi ha finanziamenti a tasso variabile oggi fatica ancora di più. Purtroppo però le buste paga dei lavoratori della scuola non sono state adeguate al costo della vita, peggiorando drasticamente il loro potere d’acquisto.

Anticipo TFR, una possibile ancora di salvezza, ma non è la soluzione

A differenza dei dipendenti privati, quelli pubblici non possono contare sull’erogazione anticipata del Trattamento di Fine Rapporto. Una soluzione potrebbe essere consentire un anticipo del TFR tramite banche o direttamente dall’INPS, a tassi agevolati. Ciò consentirebbe di far fronte a spese improvvise. Ma si tratta ovviamente di una soluzione tampone che comunque non risolve il problema alla radice.

Cosa farà il governo per scongiurare la povertà tra insegnanti e bidelli?

Al momento sta agendo sul taglio del cuneo fiscale che è un provvedimento discutibile e che non permette di maturare una pensione più alta.

Altro discorso invece è il rinnovo del contratto con incrementi stipendiali sostanziosi che oltre a garantire una busta paga più ricca permette di incrementare poi l’assegno pensionistico.

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