Cecilia Sala, una talentuosa giornalista italiana specializzata in politica estera, è stata arrestata a Teheran mentre lavorava a nuovi episodi del suo podcast “Stories”. Attualmente è detenuta nel temuto carcere di Evin, noto per la brutale repressione contro dissidenti e professionisti dei media.
Le condizioni di detenzione di Cecilia Sala sono estremamente difficili: una semplice coperta utilizzata come letto sul freddo pavimento di cemento, il chador come unico lenzuolo, solo 30 minuti d’aria in un piccolo cortile per non più di 4 giorni a settimana. Questa giovane donna rappresenta un simbolo della libertà di informazione, avendo raccontato storie dall’Ucraina all’Afghanistan, dando voce a chi è costretto al silenzio.
Eppure, in Italia regna un silenzio assortinte sulla sua situazione. Le stesse piazze che recentemente si sono animate per sostenere tante cause, oggi rimangono vuote. Sindacati, movimenti, studenti e femministe non alzano una voce, non accendono una fiaccola per Cecilia. Questo silenzio sconcertante diventa ancora più evidente se si considera l’attivismo di queste realtà per altre questioni sociali e politiche.
Aldo Mucci, portavoce della SGS Scuola, esprime la solidarietà dei lavoratori della scuola e del direttivo nazionale, auspicando il rapido ritorno a casa di Cecilia. La sua detenzione rappresenta una minaccia per i valori democratici che l’Italia dovrebbe difendere con fermezza.
Questa storia di Cecilia Sala richiama l’urgente necessità di sostenere i giornalisti e la libertà di stampa, pilastri fondamentali di una società libera e democratica. Il silenzio sulla sua situazione è deludente e mette in luce una mancanza di coesione e di impegno concreto per la tutela dei diritti umani e della libertà di espressione.
