Domani mi voglio svegliare alla fine del sogno che stavo sognando, e non quando me lo ordina la sveglia; voglio uscire sul balcone e sorridere alla vista del delirio in tangenziale, pensando che là in mezzo ci sarete voi; voglio tuffarmi in una nuvola di schiuma profumata e uscirne con le pieghine sulle dita, e spalmarmi quella crema all’olio di argan che non vede l’ora di uscire dal suo tubetto; voglio andare a lezione di yoga per raddrizzare questa esse a forma di schiena che mi impedisce di prendere la mia gatta in braccio; voglio seguire un corso di inglese per evitare di tradurre ad intuito che gli alieni ci stanno invadendo o che c’è una bomba nel mouse ; voglio iscrivermi ad un corso di dizione per poter finalmente inviare messaggi vocali senza sembrare la figlia del contrabbandiere che vende le sigarette ai Ponti Rossi; voglio portare una borsetta piccola, di quelle che si mettono ai matrimoni, senza penne, matite, gomme, spillatrice, bianchetto, acqua, crekers, registro, tablet, efferalgan, cerotti, valium, una risma di fogli, un mappamondo e un megafono; voglio rispolverare tutti i racconti, romanzi, novelle, poesie lasciate a metà, rinchiuse in qualche cartella del mio computer e della mia mente.
E poi lascerò i pensieri vagare da soli, senza guida, senza freni, senza ostacoli, e all’improvviso avvertirò una vaga sensazione d’ inquietudine, un brivido leggero lungo la schiena , un’ombra imprevista che offusca lo sguardo, un piccolo solco in mezzo alla fronte: correrò allo specchio per scrutarmi, ma il mio viso, i miei occhi, la mia fronte saranno sempre uguali. E allora capirò che è dentro che devo guardare: respiro, socchiudo gli occhi, e ritrovo i miei bambini e le loro mani paffute nelle mie, i lacrimoni e i mille baci per asciugarli ; rivedo i più grandicelli coi loro piccoli e grandi problemi, e i dolori, quelli veri, quelli con la paura negli occhi e i lividi nel corpo e nell’anima; rivedo me lasciare il cuore in una scuola di frontiera che mi ha dato tanto: la forza della sfida dalle situazioni più complesse , la prudenza e la saggezza di fronte agli eventi più problematici, l’energia per affrontare le condizioni più oppositive; forse è lì che sono veramente cresciuta, anche pagando a caro prezzo il biglietto per la serenità.
Qui ho affrontato nuove sfide, nuovi visi, nuovi percorsi; e l’emozione di confrontarmi coi giovani, cercando la strada per arrivare alle loro menti, così fragili, così impreparati ad affrontare la vita; e risento i milioni di parole che ho speso per incoraggiare le loro paure, per accrescere le loro conoscenze, per rivolgere i loro sguardi verso gli altri, e farli sentire tutti figli dello stesso cielo. Ed infine qui, sulla punta degli occhi, ritroverò la foto immaginaria di tutti voi, ultimi tasselli di un puzzle meraviglioso, ultimi compagni di un viaggio lunghissimo durato 41 anni. Una vita. Insieme alla malinconia per ciò che lascio, porto con me la ricchezza di quanto tutti mi avete donato in termini di condivisione, stimoli, aspirazioni, ansie; porto nell’animo come suggelli i ricordi di tutto quanto abbiamo vissuto insieme: i sogni e le paure, le vittorie e le sconfitte, le risate e i dispiaceri. Ho dato alla scuola il massimo che potevo, con tutto il mio sentire, ma ho ricevuto molto di più.
A tutti il mio immenso e sentito grazie, ed un augurio di cuore perché possiate gettare i giusti semi per un domani migliore, perché non vi arrendiate mai di diffondere la Conoscenza: una poesia per cogliere la bellezza della vita, un’equazione per esercitare menti atrofizzate, un articolo della Costituzione per acquisire consapevolezza dei diritti e dei doveri, una pagina di Storia per capire che il passato è la base del presente e il presente è la base del futuro. La Cultura vi appartiene: spargetela a piene mani perché è l’unica arma che abbiamo contro i pregiudizi, l’intolleranza, l’odio, l’indifferenza.
Vi porto con me: siate felici.
Anna Paola