A proposito del contratto, tutte le incognite di Salvatore Salerno

Sempre a proposito del contratto 2019/2021 chiuso al 31 dicembre 2021 e che non pregiudica affatto l’aperta di una nuova contrattazione per quello in corso 2022/2024, già in ritardo di quasi un anno, è bene precisare alcune cose:

1) non è materia contrattuale di una sola categoria il dato dell’inflazione statistica e reale che riguarda in gran parte l’anno 2022 non il triennio 2019/2021 preso in considerazione dal contratto e che coinvolgerebbe comunque tutti i contratti e quindi dipendenti pubblici e privati. La dimostrazione è data dal meccanismo diverso applicato alle pensioni che, per la prima volta dopo 15 anni, fanno un balzo in avanti del 7,3% lordo che è naturalmente un tasso molto più alto fino a raggiungere il doppio di quello degli stipendi che hanno invece un incremento lordo del solo 4,2%. Lo stipendio lordo è composto da alcuni fattori che tutti trascurano lamentandosi del netto che rappresenta (secondo le aliquote irpef applicate statali, regionali, comunali e dalla fascia stipendiale sulla sola base dell’anzianità e scatti troppo lunghi dalla fase iniziale del servizio che dura ben 8 anni fino al massimo dei 35 anni coperti da contributi e poi si ferma malgrado la pensione ne preveda almeno 42/43 o 67 anni di età) quello che viene in tasca al dipendente ma non sono affatto solo tasse.

2) lo stipendio lordo che ipotizza il cosiddetto costo Stato di ogni dipendente pubblico ha dunque l’IRPEF e quella è certamente tassa ma ci sono dentro altri fattori che invece sono nell’interesse individuale, nel nostro caso, del docente e personale tecnico amministrativo, i collaboratori scolastici. Ritornando alla diversità di trattamento dei pensionati non dovrebbero essere trascurati da chi è ancora in servizio alcune altre voci che fanno di uno stipendio lordo il suo netto, per esempio i contributi previdenziali trascurati dai più che sono stati abituati ormai ai bonus e premialità varie, carta docente, tutto misero e con costo per lo Stato che corrisponde al lordo quanto al netto. Dentro quei contributi previdenziali c’è dunque l’entità della futura pensione, la liquidazione a fine carriera e non c’è la stessa aliquota irpef sul reddito da pensionato perchè depurato dai questi contributi. Quindi non è tutta da demonizzare la differenza tra il lordo e il netto dello stipendio, una parte consistente garantisce al dipendente la sua vecchiaia e l’ammontare di quando si prende nello stipendio determina l’assegno pensionistica e la liquidazione che altrimenti può chiamarsi stipendio differito. Meno si prende nello stipendio e meno sarà la pensione e la liquidazione.

3) per chi è andato in pensione per tutto il periodo primo gennaio 2019 fino al 31 dicembre 2021 sono riconosciuti, come da ogni contratto triennale, gli arretrati sullo stipendio e l’adeguamento della pensione mensile oltre al ricalcolo della liquidazione percepita. Su questo aspetto che riguarda i pensionati di quegli anni ne riparleremo, dovrebbe essere tutto automatico per l’ultima scuola di servizio che dovrà inserire il cosiddetto ultimo miglio aggiornato al nuovo (in questo caso vecchio) contratto 2019/20211 e dovrà occuparsene l’Inps. Passerà del tempo, niente illusioni ma il diritto è garantito.

Tutto ciò premesso, non c’è alcuna soddisfazione per come e quando si è chiuso il contratto 2019/2021 ma bisogna interpretare bene cos’è un contratto di categoria e le specificità di ognuna come le osservazioni comuni come sono, per esempio tutte quelle che riguardano bollette e carovita. Non c’è quest’ultimo elemento in tutti i contratti di tutti i dipendenti pubblici e privati che sono scaduti a dicembre 2021 e non poteva esserci perchè l’esplosione dell’inflazione è avvenuta nel 2022 e dovrebbe essere materia non corporativa della scuola ma di tutti, come i pensionati. Allo stesso modo è sbagliato considerare la differenza tra il lordo e il netto come una rapina di Stato, sono tasse secondo le aliquote irpef, possono riguardare la riforma generale del fisco ma non ci solo quelle, dentro ci sono tutele per quando si arriva a fine carriera.

Non c’è naturalmente, per i creduloni delle campagne elettorali, la specificità della rivendicazione economica specifica dei docenti e personale scolastico sui famosi stipendi europei e sulla parità di trattamento con gli altri dipendenti della pubblica amministrazione con uguale titolo di accesso. E’ una battaglia in salita tutta da cominciare.
Ci sono legittime lamentele su come si è chiuso questo contratto? Bene, tutte queste possono e devono essere trasferite al contratto 2022/24 con la mobilitazione e gli scioperi quando servono, non con la tastiera.
Per il momento, come gruppo, ciò fermiamo qui.

Salvatore Salerno

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